Con la grave vertenza Port Mobility ancora aperta, suona anche l’allarme della società Tecnomate: il 30% dei dipendenti sarebbe a rischio, nel delicato settore dell’anti-inquinamento.

 

Ennesimo grido d’allarme dal porto. Con il sanguinoso caso Port Mobility ancora aperto, la sirena suona pure dalla società Tecnomate, un tempo il gioiello del servizio antiinquinamento di Civitavecchia, oggi invece vero e proprio anello debole del già disastrato panorama occupazionale cittadino.

Nei fatti, tra soci e dipendenti licenziati ed altri per cui potrebbero scattare analoghi provvedimenti, circa il 30% della forza lavoro della cooperativa affronta il mostro dell’insicurezza.

Una situazione che ha dell’incredibile, laddove i traffici portuali negli ultimi 40 anni sono aumentati (al di là della pandemia) e con essi, inevitabilmente, anche i rischi di inquinamento.

Come è possibile allora che in un settore come questo, dove peraltro occorre un know-how ben definito, si vada a creare un turn over così pesante? Voci infatti parlano di assunzioni che non coprono i profili professionali perduti, con un impoverimento
quindi delle armi ambientali a disposizione del porto.

Proprio su questo si è soffermata la Lista Tedesco: “Registriamo con apprensione il grido d’allarme che arriva dal settore antiinquinamento del porto. Le notizie di licenziamenti sono sempre un pessimo segnale, ma in questo caso si deve anche aggiungere che trattandosi di tema ambientale occorre la massima attenzione.

La Tecnomate è infatti custode di professionalità specifiche in un settore delicatissimo, perciò è di vitale importanza difendere sia i livelli occupazionali che il knowhow maturato negli anni. Nel rispetto delle competenze, ho informato il presidente della Commissione consiliare Lavoro, che si occuperà del tema non appena sarà possibile. L’invito alle parti è intanto quello di salvaguardare tutti i posti di lavoro, avvalendosi del dialogo e del buon senso”, hanno dichiarato il capogruppo Mecozzi e le consigliere La Rosa e Morbidelli.

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