(Prima Parte)

Il “caporalato”, secondo i dati Istat, sarebbe un fenomeno in costante crescita negli ultimi dieci anni, che come peraltro riportato dal rapporto sulle agromafie, elaborato da Eurispes e da Coldiretti, avrebbe visto coinvolte e sfruttate nel 2015, circa 430mila persone, delle quali, un altro numero consistente, pari a circa 100mila persone, sottoposte ad un vero e proprio regime di schiavitù. Ciò, sicuramente anche a fronte della grande mole di immigrazione clandestina, che da anni sta interessando la nostra penisola. Secondo i dati in possesso delle autorità, a farne le spese sarebbero ovviamente i lavoratori delle fasce e nelle condizioni più deboli e fragili, interessati da gravi difficoltà economiche, in buona parte, costituite anche da immigrati clandestini, ovviamente senza regolare permesso di lavoro.
Già nel 2011, con l’inserimento nel Codice penale dell’art. 603-bis, avente ad oggetto l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro, era stata  prevista la punibilità per l’intermediatore, mediante la reclusione da cinque ad otto anni e con multe da 1.000 a 2.000 euro, a fronte di ciascun lavoratore reclutato, senza che la norma però, desse un’esatta definizione del concetto di “intermediazione”, creando a tal proposito, non pochi problemi.
La presenza di comportamenti violenti, minacciosi o intimidatori, rappresentavano gli elementi specifici del rato dello sfruttamento, ora non più previsti. Infatti, il “caporalato” caratterizzato dall’utilizzo dei comportamenti appena menzionati, diventa con la nuova norma, un sottogenere della fattispecie base prevista dalla nuova legge.
Infatti, il 18 ottobre 2016, la Camera, con 336 voti a favore e nessuno contrario, con l’astensione di alcune compagini politiche, ha approvato in via definitiva il d.d.l. sulla nuova legge contro il caporalato. Che vede tra le più importanti novità introdotte un inasprimento degli strumenti penali per i “caporali”, estendendo adesso la responsabilità anche al datore di lavoro che “sottopone i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno”. La nuova architettura normativa,  prevede anche indennizzi per le vittime degli abusanti, il rafforzamento della rete del lavoro agricolo di qualità ed un piano di interventi per i lavoratori agricoli stagionali e la loro accoglienza.
Previste sanzioni, anche attraverso la confisca dei beni, non solo dei “caporali”, ma anche dei datori di lavoro consapevoli dell’origine dello sfruttamento. Sono attualmente previsti da uno a sei anni di carcere, e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato che possono arrivare sino ad otto nei casi in cui emergano circostanze aggravanti, quali i comportamenti violenti, minacciosi o intimidatori, sia per chi commette il reato di intermediazione, che per chi commette quello di sfruttamento del lavoro, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.

 

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