(Seconda Parte)

Ma che cos’è il “caporalato”?
Soprattutto l’agricoltura, ma anche l’edilizia, sono i settori maggiormente interessati dal fenomeno del così detto “caporalato”. Organizzazioni malavitose, e la criminalità organizzata, in più vasta scala, reclutano lavoratori disagiati economicamente o immigrati clandestini senza permesso di soggiorno, che vengono trasportati sui campi o nei cantieri edili per essere utilizzati da parte delle imprese. Lavoratori che subiscono maltrattamenti, violenze ed intimidazioni, con bassissime remunerazioni del lavoro prestato, in condizioni a volte disumane e con turni di lavoro massacranti, compresi anche tra le 8 e le 12 ore, costretti a vivere molto spesso in baracche, per non dire ruderi o stalle, imposte dai “caporali”, in condizioni igieniche sanitarie più che precarie e fuori da ogni decenza, come pure l’imposizione dell’utilizzo dei mezzi di trasporto per e dal lavoro e quella del pagamento dei relativi salatissimi corrispettivi; in pratica del poco guadagno ricavato, nulla o quasi resta al lavoratore, costretto a ritornarlo alle organizzazioni criminali sotto forma di pagamento del vitto, dell’alloggio e dei trasporti forniti, così che lo stesso non riesca quasi mai ad alzare la testa, sottoponendolo ad un vero e proprio regime di schiavitù gestito dagli stessi “caporali2, dai quali il povero operaio, difficilmente riuscirà mai ad affrancarsi.
Ma anche il business dei prodotti, che ad esempio nel caso dell’agricoltura, vede una continua concorrenza, con la necessità, soprattutto per le grandi aziende e la loro filiera, di ridurre notevolmente i costi ed il conseguente prezzo dei prodotti sul mercato, le quali in molti casi, approfittando dell’anello più debole della catena, che è proprio quello cui facevo cenno dietro, persone disagiate e bisognose ed immigrati clandestini, contribuisce più o meno consciamente, allo sfruttamento della manodopera in nero.
Anche il “caporalato”, si può certamente identificare in un gruppo ben organizzato in cui possiamo trovare varie figure: il “caponero”, è colui che organizza le squadre e il trasporto, il “tassista”, è quello che poi lo gestisce; c’è poi il “venditore” che organizza le squadre dei lavoratori e la vendita di beni di prima necessità a prezzi molto spesso alti e per seguire “l’aguzzino”, il quale fa uso ordinariamente di violenza, sottraendo anche i documenti di identità dei lavoratori, impedendo loro in questo modo, la mobilità. Abbiamo poi il “caporale amministratore delegato”, che s’individua nel fiduciario incaricato dall’imprenditore, il quale ha il compito di gestisce l’intera campagna di raccolta dei lavoratori. Nuove forme di caporalato si stanno facendo avanti: il “caporalato collettivo” che tramite cooperative e agenzie interinali, adottando forme apparentemente legali, riesce ad occultare l’intermediazione illecita di manodopera, adottando assunzioni con un contratto a chiamata indicando meno giorni di quelli realmente lavorati. Il “caporalato mafioso”, è naturalmente legato alla criminalità organizzata ed alle varie forme di mafia presenti sul territorio.

 

 

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