Blitz della Guardia di Finanza ieri mattina tra Molo Vespucci, Roma e Piombino. Quattro avvisi di garanzia per turbativa d’asta: tutto partì dagli esposti e dalle dichiarazioni rese da Mensurati. Perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni. L’indagine del pm Gentile sui vertici dell’Adsp e su Port Mobility

CIVITAVECCHIA – Bufera giudiziaria su Molo Vespucci, sul presidente Francesco Maria Di Majo e sul segretario generale Roberta Macii, finiti al centro di una inchiesta della Procura di Civitavecchia sul marina yachting al porto storico insieme ai fratelli Guido ed Edgardo Azzopardi, amministratori di Port Mobility.
È scattato alle prime ore del mattino di ieri il blitz della Guardia di Finanza di Civitavecchia. Perquisizioni domiciliari e in porto da parte dei militari delle fiamme gialle che hanno acquisito documenti, prelevato computer, controllato uffici, sedi legali ed operative, telefoni, le vetture in uso ai quattro indagati e ad un dirigente dell’Adsp coinvolti nell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Alessandro Gentile.
Dalle 7 del mattino e fino a tarda serata i militari della Gdf hanno passato al setaccio documenti e copiato memorie di cellulari e hard disk negli uffici dell’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno centro settentrionale e in quelli di Port Mobility. Il reato ipotizzato è la turbativa d’asta.

Al termine di una conferenza di servizi promossa come previsto dalla legge dal Comune di Civitavecchia, nel marzo scorso era stata selezionata la società Roma Marina Yachting per la realizzazione del progetto, con la seconda società, la Porto Storico, che presentò diversi ricorsi al Tar, ancora pendenti. E come si legge negli avvisi di garanzia l’inchiesta avrebbe preso le mosse proprio dalle dichiarazioni e dagli esposti di Massimo Mensurati, rappresentante della Porto Storico di Civitavecchia srl.

Nel decreto, firmato lo scorso 13 novembre ed eseguito ieri, il pubblico ministero, ritenendo indispensabili le perquisizioni “non essendo in altro modo acquisibile la fonte di prova” scrive anche di “promesse, collusioni e mezzi fraudolenti” con cui “al fine di condizionare gli esiti” gli indagati, a vario titolo “turbavano il procedimento amministrativo per la determinazione delle modalità di scelta del concorrente promosso dalla stessa Adsp a seguito di richiesta della Porto Storico di Civitavecchia srl per la realizzazione e gestione di un approdo turistico nel porto di Civitavecchia”.

Al presidente Di Majo in particolare viene contestato di aver rimesso alla conferenza dei servizi nella seduta del 6 giugno 2017 ogni valutazione sul presunto conflitto di interessi esistente rispetto alla domanda concorrente presentata da Roma Marina Yachting, alla scadenza dell’avviso pubblico partecipata al 70% dalla Port Mobility spa, a sua volta allora partecipata per il 19% dalla stessa Adsp. Sempre a Di Majo vengono contestate altre decisioni o valutazioni espresse nelle varie sedute della conferenza dei servizi, fino ad una assenza a una sedut, secondo il pm determinante per un rinvio che “avrebbe consentito di risolvere il conflitto di interessi mediante la cessione delle quote di Prt Mobility detenute dall’Adsp”.

Al presidente e al segretario generale viene contestato di aver valutato positivamente una integrazione progettuale presentata dalla Roma Marina Yachting che prevedeva l’offerta di quest’ultima società di realizzare a proprie spese le opere marittime di completamento della darsena servizi per circa 13,2 milioni di euro e per aver sostenuto che qualora la stessa Adsp fosse riuscita a realizzare in tempi più brevi le opere marittime proposte dalla Roma Marina Yachting la stessa si sarebbe dovuta impegnare a realizzare lavori pubblici di importo equivalente possibilmente all’interno della stessa darsena servizi. Il presidente di Majo e il segretario generale Macii, piuttosto scossi, non hanno nascosto la loro profonda sorpresa ed amarezza. «Entrambi – ha spiegato l’avvocato Lorenzo Mereu, che li assiste – hanno offerto la massima collaborazione agli organi inquirenti, certi del loro corretto operato e nutrono la massima fiducia nella giustizia. Stiamo valutando le iniziative da porre in essere nel più breve tempo possibile al fine di chiarire la posizione dei suddetti, confidando che le argomentazioni che porteremo all’attenzione della magistratura possano definitivamente, ed in tempi rapidi, chiarire la vicenda e le rispettive posizioni».

Guido ed Edgardo Azzopardi «si dichiarano assolutamente estranei alla vicenda – ha commentato l’avvocato Andrea Miroli – e sono a disposizione dell’autorità inquirente al fine di chiarire nel più breve tempo possibile la propria posizione. A dimostrazione di ciò, entrambi hanno immediatamente fornito agli operanti tutta la documentazione richiesta per accelerare, anche e soprattutto nell’interesse delle società, la definizione della vertenza. I signori Azzopardi stanno valutando tutte le iniziative giudiziarie da intraprendere per la tutela dei loro interessi, atteso che il presente esposto, da cui scaturisce l’attuale vicenda, costituisce l’ultima delle infondate e maldestre azioni che già in passato i soliti noti hanno assunto in altre sedi giudiziarie (risultando sempre soccombenti) nell’esclusivo intento di ostacolare surrettiziamente l’attività della Roma Marina Yachting».

Certo è che neppure quando l’Authority finì al centro di una lunga e complessa indagine per mafia della Dda (poi terminata con il proscioglimento dei vertici dell’ente allora indagati) si era assistito a un così imponente intervento che, almeno a prima vista, non parrebbe trovare adeguata motivazione dalle ipotesi di reato contenute negli avvisi di garanzia. A meno che non si sia soltanto all’inizio di una tempesta ancora più forte che potrebbe abbattersi su Molo Vespucci.

Fonte Civonline

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