“Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere metti le mie scarpe, percorri il cammino che ho percorso io, vivi il mio dolore, i miei dubbi, le mie risate. Vivi gli anni che ho vissuto io e cadi là dove sono caduto io ma soprattutto prova a rialzarti come ho fatto io! Ognuno ha la propria storia e solo se la vivi anche tu come ho fatto io mi potrai capire!” Questo pensiero di Luigi Pirandello rappresenta molto bene il concetto di empatia. Mettersi nei panni dell’altro potremmo dire, rimanendo noi stessi e senza giudicare. Sì perché se ci caliamo troppo nei panni dell’altro perdendo di vista noi stessi e dimenticandoci che è l’altro ad avere quel vissuto non si parla più di empatia ma di rapporto fusionale che è altamente tossico e patologico. Così come anche il giudicare. Se giudichiamo l’altro non lo stiamo comprendendo, non stiamo facendo nostri il suo vissuto e la sua esperienza, non stiamo vedendo la realtà come la vede l’altro ma, ex cathedra, lo giudichiamo. Entrare in un rapporto empatico significa anche avere il tempo per l’altro, per ascoltarlo, sentirlo e stargli accanto. L’empatia è un sentire primordiale, diretto, sensibile, fisico e emotivo. Il ragionamento, l’analisi, le conclusioni e le soluzioni appartengono alla sfera mentale che di per sé è fredda e distaccata. Nell’empatia l’elaborazione viene rimandata a dopo e pertanto sospesa. Ci si può domandare se sia realmente possibile non pensare e dedicarsi totalmente ai sensi fisici e psichici, mettersi puramente in stato di ricezione sottraendosi dal giudicare. Nelle dottrine ascetiche orientali, come il Tantra Yoga e altre, si dedica molta attenzione al fermare il flusso nevrotico dei pensieri, soprattutto quelli automatici, che disturbano la mente creando un fastidioso rumore di fondo e turbando il nostro tentativo di rilassarci. Per mettersi in ascolto attento di qualcosa o qualcuno la mente deve tacere. Quanto sia importante ascoltare bene per comprendere profondamente le persone, la natura, la vita e noi stessi è ormai scontato. Non si contano più le dimostrazioni scientifiche in tutti i campi del sapere di quanto la soggettività corrompa il processo di apprendimento e comprensione. Quanto più ci facciamo da parte e apriamo i nostri sensi tanto più ci avviciniamo alla verità delle cose. Il trucco dell’empatia è silenziare momentaneamente l’Ego e acquietare la mente. Una volta sentito e ascoltato bene cosa e come ci viene detto allora e soltanto allora è corretto riattivare la mente per riorganizzare i dati, fare i collegamenti tra le informazioni ricevute e tradurre il tutto in qualcosa di riconoscibile e dotato di senso per noi. In questo modo ci siamo messi nei panni dell’altro, abbiamo vissuto la sua esperienza e l’abbiamo capita e fatta nostra. Questo tipo di ascolto empatico fa la differenza tra un rapporto profondo e uno superficiale, tra un legame vero e uno falso e ipocrita, tra un rapporto umano e uno formale o di plastica. A questo punto diventa facile capire il rapporto tra empatia e Bellezza. Ciò che è autentico e condiviso è vero e accende nella nostra anima più profonda quella luce interiore che chiamiamo Bellezza. La Bellezza è verità, consapevolezza e conoscenza. Ha a che fare con l’intuito e la creatività, è il cuore pulsante del nostro Sé più profondo. La Bellezza è una forma di amore superiore, Spirituale direi che permette di entrare in contatto animico con l’essenza delle cose, delle persone e della vita stessa. Tutto il resto è mentalismo, conformismo, superficialità, recita e spesso ipocrisia. L’empatia è la via che ci porta alla Bellezza e all’Amore.

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