Presentato il libro sulla vita di Giuseppe Cristini, opera di Roberto Scotti e Sergio Secchi.
Mi chiamo Giuseppe Cristini, ma tutti, e da sempre, mi conoscono come Pino.
Ho, da poco, festeggiato il mio sessantaquattresimo compleanno e ho l’abitudine di ironizzare sull’età, definendo i primi diciotto quali anni di grazia, e tutti quelli successivi come anni di disgrazia.
Ho deciso di raccontarvi la mia vita seguendo il criterio d’inserire un accadimento prima o dopo un’immaginaria linea di demarcazione, in base a fatti storici rilevanti, o addirittura epocali.
Prima o dopo la nascita di Gesù Cristo…
Prima o dopo la scoperta del continente americano…
Prima o dopo la caduta del Muro di Berlino…
Insomma, avete capito, non c’è bisogno che vada avanti all’infinito.
La caratteristica di tutti gli eventi che si fissano nella mente è di avere segnato in modo indelebile le nostre storie.
La mia vita, nel suo piccolo, presenta un prima e un dopo, e sono convinto che ognuno di voi, se solo avesse la pazienza di analizzare la propria esistenza, finirebbe per trovare almeno un evento che ha determinato cambiamenti e stravolgimenti importanti.
Il mio “prima” termina il 30 giugno 1970.
E’ esattamente da quella data che inizia il mio “dopo”.
Un giorno d’inizio estate uguale a tanti altri, con la bella stagione cominciata da una sola settimana, ma con
temperature talmente miti da permettere d’indossare indumenti leggeri, trascorrere qualche ora al mare, e regalarsi le prime serate all’aperto.
La nazionale italiana di calcio aveva disputato e perso la finale del campionato del mondo, e uno degli argomenti più ricorrenti del periodo verteva intorno alla scelta del CT azzurro di avere fatto giocare solo sei minuti, gli ultimi della gara, a Gianni Rivera.
In tutta onestà, avendo vissuto quei mondiali da semplice tifoso, non ero molto interessato a schierarmi con una fazione o con l’altra, anche perché la mia passione sportiva era tutta riservata alla pallavolo.
Il volley per me è stato amore a prima vista, e quando è arrivato il mio “dopo” era già da qualche anno che praticavo questa disciplina.
Uno sport meraviglioso che continua a essere, seppure in forme diverse, una parte imprescindibile della mia esistenza.
Quella mattina è stata simile alle altre che l’avevano preceduta, con il tempo scandito dai soliti gesti di sempre: alzarmi dal letto, radere la barba, fare colazione, lavarmi e vestirmi.
Operazioni di routine, ripetute da anni con grande naturalezza, in modo quasi automatico.
Non potevo certo immaginare che quel giorno sarebbe stato l’ultimo in cui mi era concesso di compiere quelle azioni con facilità.
Sono andato al mare, allo stabilimento “Il Corsaro”, a Sant’Agostino, e quando sono arrivato i miei amici erano già lì, pronti ad accogliermi.
Mi sono unito a loro e, dopo avere chiacchierato un po’, ho deciso di fare un bagno, così da potermi rinfrescare.
Con spensieratezza e allegria, ho iniziato a correre verso il mare, andando inconsapevolmente incontro allo “sliding doors” della mia vita.
Qualche passo ancora sulla sabbia, poi il contatto rigenerante con l’acqua, e lo slancio per un tuffo in quei pochi centimetri di fondale.
Troppo pochi per potermi accogliere senza insidie…
Il corpo viene avvolto per intero dal mare, ma il tuffo termina in modo brusco, con la fronte che impatta, traumaticamente, sul fondo sabbioso.
Quei pochi decimi di secondo intercorsi tra lo slancio per il tuffo e l’impatto sancisce il passaggio fra il “prima” e il “dopo” di Giuseppe Cristini, per tutti, e da sempre, Pino.
Nelle pagine che seguono, ripercorro questi due periodi della mia vita in compagnia di alcune persone che, per motivi diversi, ruotano intorno a me.
Nomi come Pellicano, Sciannella o Raise, diverranno presto familiari anche a chi, tra voi lettori, ancora non li conosce.
Mi conforta e mi piace pensare che i figli dei miei nipoti avranno modo di conoscere meglio lo zio Pino leggendo questo libro.

La parola agli autori: Roberto Scotti e Sergio Secchi
«Il libro parla di Pino, del suo infortunio, del suo amore viscerale per la pallavolo, una disciplina conosciuta al primo anno di superiori, giocata da ragazzo fino all’infortunio.
La pallavolo rimane una costante della sua vita, il desiderio di vedere una partita di volley è fra i pochi motivi che lo fanno
uscire di casa subito dopo l’infortunio. Rientra nel mondo della pallavolo grazie ai dirigenti Asp che nel 1979 lo convincono a rientrare, come socio e segretario, dimostrando di avere a cuore l’amico ex compagno di squadra e, in concreto, di avere già all’epoca ben chiaro il valore aggiunto che può avere, in termini di socialità ed integrazione, il mondo dello sport (oggi si è
più attenti a determinate tematiche, 37 anni fa un po meno).
Grazie allo sport ritrova una normalità che credeva perduta tra la sabbia ed il mare di Sant’Agostino, soprattutto nel
modo di rivolgersi a lui degli altri; non si sente più come prima: commiserato, se merita un “vaffa” se lo prende, perché
chi ruota intorno a lui si rapporta a lui senza filtri e senza remore.

 

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