CIVITAVECCHIA – Uno spettacolo di teatro d’attore, teatro d’ombre, teatro di figura. Dai 5 anni.

regia | Chiara Carlorosi, Marco Vergati
con | Marco Vergati
drammaturgia | Marco Vergati
ombre | Chiara Carlorosi
costumi e oggetti di scena | Teatro di Carta in collaborazione con La balena di Pinocchio
voce narrante | Anna Delfini – Ass. Donne di Carta
locandina | Cristiano Quagliozzi
produzione | Teatro di Carta

Tra le mille attrattive degli splendidi giardini imperiali ce n’è una che supera tutte le altre: è il canto dell’usignolo, tanto soave da sciogliere le lacrime dell’Imperatore. Presto però l’usignolo viene sostituito da un uccellino meccanico e dimenticato. Tuttavia sarà proprio il suo canto a salvare il Sovrano, ammalatosi gravemente dopo la rottura dell’usignolo meccanico. Davanti all’Imperatore della fiaba di Andersen, all’estrema facilità con cui liquida il vecchio usignolo per far spazio al nuovo, è difficile non specchiarsi e non vedere un’immagine del mondo attuale, che annaspa verso il futuro scrollandosi continuamente di dosso il passato e che riconosce come unica necessità una continua e fatua modernità. Così capita che la senescenza di cose o persone, lungi dall’apparire preziosa come un tempo, rimane una scomoda e antiestetica deviazione della società in marcia. La fiaba di Andersen appare trasfigurata in una serie di idee e invenzioni sorprendenti. La storia viene narrata da una galleria di personaggi comici, tragici, grotteschi interpretati dall’unico attore in scena, mentre le immagini suggestive e poetiche evocate dal teatro d’ombre attraversano il racconto trasportando lo spettatore in una dimensione incantata.

“…finalmente l’Imperatore pianse, e scoprì che piangere è necessario, proprio come ridere, mangiare, respirare.”

Scheda didattica

IL LAVORO DI RIELABORAZIONE DELL’OPERA DI ANDERSEN

Il testo dello spettacolo è ispirato alla fiaba omonima di Hans Christian Andersen(“Nattergalen”). La traccia tematica della fiaba è stata ampliata e largamente modificata nel testo teatrale, sia nei temi, sia nei personaggi, sia nella forma.

IL TEMA DELL’UBASUTE

Un filo importante del testo teatrale, inedito rispetto al testo di Andersen, è costituito dalla presenza di un’anziana figura femminile, che è anche voce narrante dello spettacolo. Racconta che nel Regno dell’Imperatore non vi deve essere nulla di vecchio, neanche le persone, così che al compimento del settantesimo anno di età gli anziani sono costretti ad abbandonare la comunità per salire sulla Grande Montagna dove vivere fino alla fine dei loro giorni, pratica realmente esistita nell’antico Giappone (ubasute). L’aggiunta di altri personaggi, non presenti nel racconto originale, ha avuto la funzione di inserire un tema importante come quello dell’esclusione degli anziani dalla vita sociale e più in generale della memoria del passato dalla pazza corsa verso il futuro. La figura stessa dell’usignolo è stata presa a simbolo di tutto ciò che al giorno d’oggi appare vecchio e superato, salvo poi rivelarsi non solo utile ma addirittura necessario per il buon andamento delle cose.

PERSONAGGI DIVERSI

La figura dell’Imperatore è costantemente presente nella fiaba di Andersen: parla con il luogotenente, picchia sulla pancia i suoi sudditi. Nel testo teatrale non ci sono invece parole pronunciate dal Sovrano, che è una presenza quasi “invisibile”, di cui vediamo solo l’ombra e che comunica mediante messaggi inviati al governatore, (che a sua volta è un po’ il corrispettivo del luogotenente del racconto originario). Nel testo teatrale poi non c’è la figura del pescatore, che nella fiaba è uno dei primi testimoni del canto dell’usignolo. Stesso dicasi per la sguattera, che sapendo dove vive l’usignolo è un autentico personaggio-chiave per Andersen, completamente scomparso nel nuovo testo. Lo stesso uccellino, che lì era dotato di parola, qui è reso attraverso un’ombra e non parla, canta soltanto. Si è già detto del personaggio dell’anziana narratrice, che non era presente nella fiaba, così come non lo era il contadino, che invece
da autentico “servo di scena” interviene spesso e porta con la sua comicità altri colori alla narrazione, e non lo era il soldato, che nel testo teatrale si occupa di catturare l’usignolo, anche se i suoi tentativi vanno puntualmente a vuoto. Infine non compare la Morte, che Andersen fa “entrare in scena” in carne ed ossa, o forse solo ossa. Nel nuovo testo invece la malattia dell’Imperatore è resa attraverso la corrispondenza degli elementi naturali, vale a dire l’inverno che fa seccare le piante del fantastico giardino. Il giardino stesso, che nella fiaba abbiamo già dall’inizio, nel testo teatrale nasce per volontà dell’annoiato Imperatore che, desideroso di novità, ordina che venga costruito: e così avviene, davanti agli occhi degli spettatori.

LA FORMA TEATRALE

Il testo di H.C.Andersen è una narrazione non scritta in forma dialogica. Dunque anche nella forma si tratta di due opere ben distinte, dal momento che il testo teatrale è scritto per dialoghi e immagini. Trattandosi poi spesso di personaggi inventati, non presenti nella fiaba iniziale, i dialoghi o le scene senza parole descrivono situazioni inedite rispetto all’opera di Andersen.

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