Il tam tam va avanti senza soluzione di continuità. Il toto-presidente del porto di Napoli è diventato un vero e proprio rompicapo, in attesa che il ministro alle Infrastrutture Graziano Delrio e il governatore della Campania Vincenzo De Luca raggiungano un’intesa.

E così dopo Andrea Annunziata, salernitano ex sottosegretario ai Trasporti e attuale presidente del porto di Salerno; dopo Francesco Messineo, salernitano, attuale presidente del porto di Massa Carrara; dopo Pasqualino Monti, ischitano, presidente del porto di Civitavecchia, ecco spuntare il nome di un altro campano, Pietro Spirito cinquantaquattro anni, originario di Maddaloni. Docente di Economia dei trasporti all’Università di Tor Vergata, Spirito è stato direttore centrale strategia dell’ Atac di Roma e, precedentemente nella stessa azienda ha ricoperto l’’incarico di direttore centrale operazioni.

Pietro Spirito ha avuto anche ruoli importanti all’’interno delle Ferrovie dello Stato. Più dei curriculum, comunque, tengono banco i collegamenti, le appartenenze a questa o a quell’’area.

Sul suo nome si accanirono i 5 stelle che lo accusarono di andare all’Atac una volta a settimana e di percepire un compenso di oltre 100 mila euro all’anno. Uomo forte del Pd romano sembrerebbe pronta per lui una poltrona da qualche parte in qualunque caso. (leggi)

Sarà questo il nome che metterà d’accordo Delrio e De Luca? Difficile da dirsi.

Certo è che la partita che si sta giocando per la presidenza per l’’Autorità di Sistema Portuale del Medio Tirreno non riguarda solo il nome della presidenza ma anche la durata della moratoria chiesta da De Luca per l’’ingresso di Salerno nel nuovo Sistema Portuale.

Su De Luca ci sono le forti pressioni degli imprenditori salernitani che vorrebbero il massimo della moratoria prevista, trentasei mesi.

Contro questa ipotesi lavora il ministro che, invece, vorrebbe tutte le autorità di sistema portuale completamente insediate entro pochi mesi.

È in attesa del presidente, intanto, da Bruxelles continuano ad arrivare bordate contro il porto di Napoli e in particolare contro l’’Autorità portuale che dovrà giustificare milioni e milioni di euro spesi per favorire imprese private.vincenzo-de-luca

L’ultima trattativa, raccontano, è andata in scena proprio ieri sera. A margine della direzione nazionale del Pd il governatore della Campania Vincenzo De Luca sarebbe riuscito a mettere l’ultimo tassello al puzzle delle nomine dei presidenti nei porti. Mentre i dem si scazzottavano sul referendum, la collocazione dei nomi sullo scacchiere degli scali italiani arrivava a conclusione.

Delrio peraltro aveva fretta, sembrava tutto pronto già la settimana scorsa, ma il nodo Napoli doveva ancora essere sciolto.

Fuori dai giochi Messineo e Annunziata: per il primo si aprirebbero le porte di commissario a Salerno in attesa della fusione con lo scalo del capoluogo, per il secondo invece è probabile una destinazione tra Sicilia e Sardegna, anche se a Cagliari in pole sarebbe Deiana, assessore ai trasporti della giunta sarda.

Questa settimana dunque dovrebbe essere quella decisiva e probabilmente si andrà verso una infornata consistente di presidenti, forse quella definitiva.

In Regione Liguria ad esempio si aspettano che la questione venga risolta magari già oggi con la nomina di Paolo Signorini a Genova, anche per evitare che il porto rimanga bloccato troppo a lungo come richiesto da una circolare del Mit che l’ammiraglio Pettorino è stato costretto a recepire.

La Liguria chiede di fare in fretta, anche su Spezia dove Agostinelli sarebbe già pronto a prendere in consegna il porto da Forcieri.

È lotta a due invece per Bari, tra l’attuale segretario generale Mario Mega e Ugo Patroni Griffi.

A Livorno il ministero preferirebbe Luca Becce al collaudato Guerrieri e all’avvocato genovese Rossi.

La riforma della governance dei porti, varata definitivamente a fine agosto con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del dlgs 169 su Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali, ha messo in atto un cambiamento epocale nel settore. Un comparto che non aveva più avuto riforme strutturali dai tempi della legge 84/94, altra norma che produsse un’enorme cambiamento, portando le aziende private sulle banchine italiane, fino ad allora a gestione pubblica.

pasqualino monti mentre parlaLa riforma realizzata dal Governo Renzi, attraverso il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio, punta a dare uno slancio ulteriore alla portualità, dopo un ventennio durante il quale la 84/94 ha mostrato i suoi pregi ma anche i suoi limiti. Dettati soprattutto dall’inevitabile invecchiamento della normativa, rispetto alle esigenze sempre più incalzanti del traffico merci. Ma il Governo non ha puntato l’attenzione soltanto sui porti bensì sull’intera logistica italiana.

La riorganizzazione della governance dei moli, infatti, è solo una parte di un progetto più ampio. Cioè quel Piano strategico della portualità e della logistica con il quale Delrio intende mettere a sistema i fondi disponibili, in particolare quelli Ue, per le banchine e la logistica. Il piano prevede, tra l’altro, una serie di interventi per migliorare i collegamenti marittimi e terrestri, ad esempio semplificando le manovre ferroviarie e introducendo il fast corridor ferroviario negli scali merci. Si punta poi sull’integrazione del sistema logistico e sul coordinamento funzionale delle banchine con interporti e piattaforme logistiche. Sono inoltre previste azioni per migliorare la qualità dei collegamenti ferroviari di ultimo miglio nei porti. Parte del piano è anche la normativa, anche questa appena entrata in vigore, per semplificare le procedure di dragaggio negli scali. Sono poi previste agevolazioni per spostare le merci dalla gomma alla ferrovia e alla nave. Cioè il ferrobonus e il marebonus, per introdurre i quali il Ministero sta trattando serratamente con Bruxelles.

Per quanto riguarda, in particolare, la riforma della governance dei porti, il Governo ha scelto una strada che sembra lontana da quella della legge 84/94. Questa aveva creato le Autorità portuali, deputandole a favorire l’ingresso dei privati sulle banchine e sottraendo, per certi versi, allo Stato il controllo diretto dei porti. Una mossa che ha favorito, in una prima fase, lo sviluppo dei terminal italiani.

porto-di-napoliMa che poi ha portato a un’involuzione: quella dei porti vicini che si fanno concorrenza tra loro per il medesimo traffico, chiedendo (e spesso ottenendo) risorse, ciascuno per sé e in un contesto privo di un progetto organico per uno sviluppo nazionale della portualità italiana. Per superare questo impasse e consentire agli scali italiani di tornare a essere competitivi, Delrio ha scelto, paradossalmente, un ritorno al passato, all’accentramento sul Ministero delle decisioni che riguardano i porti.

Il dlgs, nell’ottica di semplificare il sistema, riduce le attuali 24 Autorità portuali (che coordinavano 30 porti) a 15 Autorità di sistema portuale (Adsp); a queste faranno capo non solo gli scali delle Authority ma complessivamente 57 porti italiani. Il cda del porto, chiamato comitato di gestione, viene ridotto a poche unità, 3 o 5, rispetto ai 22 membri dei comitati portuali. Tuttavia, come si diceva, viene introdotto anche un coordinamento centralizzato. E se il comitato di gestione delle Adsp sarà guidato da un presidente manager, tuttavia questo verrà scelto dal ministro delle Infrastrutture, sia pure d’intesa con le Regioni interessate.

I rappresentanti degli operatori e delle imprese faranno parte, invece, degli “organismi di partenariato della risorsa mare”, con funzioni consultive. È prevista, poi, una “conferenza nazionale di coordinamento delle Adsp”, presieduta dal ministro, che programmerà le scelte strategiche dei porti, fino a definire un Piano regolatore portuale nazionale.

Mettere in movimento questa macchina, però, è tutt’altro che semplice e nei giorni scorsi Delrio, per gestire la fase amministrativa transitoria del passaggio da port Authority ad Adsp, ha dovuto far emanare al Mit una circolare in cui si mette in chiaro che «finché le Adsp non saranno operative», le attuali Autorità portuali devono «evitare di porre in essere atti suscettibili di incidere sulle competenze relative alla programmazione e pianificazione dei nuovi enti». Ma Delrio ha anche un altro problema da fronteggiare. Quello della proroga dei tempi per la fusione delle port Authority in Adsp, richiesta da quattro Regioni.

Si tratta di Liguria (per l’accorpamento tra Genova e Savona), Sardegna (per l’unione tra Cagliari e Olbia), Campania (per la fusione tra Napoli e Salerno) e Sicilia (per l’accorpamento previsto tra Gioia Tauro e Messina). La riforma prevede che possa essere accordata una proroga fino a tre anni; ma spetta al Mit decidere se concederla e con quale durata.

(fonte www.etrurianews.it)

 

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