Sullo smart working abbiamo questa  volta accolto l’opinione di una giovane concittadina impiegata nel nostro comprensorio in qualità di intermediaria nel settore immobiliare.

“Nell’emergenza Covid 19 un po’ tutti i lavoratori costretti a restare a casa hanno avuto modo di sperimentare questa nuova modalità di lavoro ed ora si chiedono se essa avrà o no un seguito a pandemia archiviata. Senza lo smart working probabilmente tantissime aziende  e tantissimi organi della P.A. non avrebbero potuto offrire le garanzie minime per continuare a far funzionare gli ingranaggi del Paese: basti pensare alle piattaforme online per le conference call e ai diversi tipi di servizi telematici che hanno totalizzato cifre di iscritti da capogiro. Lavorare da casa si può.  E’ dimostrato che lo smart worker è più produttivo del 20%-30% rispetto a chi  lavora con le ordinarie modalità, complice la possibilità di organizzare meglio le proprie giornate così da conciliare la vita professionale con quella personale: meno stress per le file chilometriche nel tragitto casa-lavoro, più tempo da dedicare alla cura di sé stessi. Ne traggono beneficio soprattutto le donne in carriera, non più costrette a scegliere tra i figli e il datore di lavoro. In particolare, è noto che il telelavoro incrementa la competitività nel medio termine, migliora l’efficienza dei servizi e limita le emissioni di CO2. Dal punto di vista dei costi, lo smart working rappresenta una soluzione vantaggiosa sia per il lavoratore sia per l’azienda. Infatti una recente ricerca basata sul consumo domestico medio dimostra che tale lavoro comporta  per il dipendente una spesa di circa 2 euro o poco più al mese e per l’azienda un risparmio sui costi di gestione e sugli eventuali rimborsi  spese per gli spostamenti del lavoratore.  L’altra faccia della medaglia, però, è quella costituita dall’assenza di disconnessione del dipendente, che rischia alla lunga, se non si organizza a dovere, di non distinguere più il tempo da dedicare alla vita privata da quello da dedicare al lavoro da remoto, precipitando così in un vortice di continuità che può aumentarne lo stress psico-emotivo. A tale proposito è da precisare che nel nostro ordinamento lo smart- working  non rappresenta un contratto di lavoro diverso da quelli che già conosciamo, bensì una diversa modalità di svolgimento, con i suoi vincoli di orario seppure molto più elastici, una organizzazione per fasi e obiettivi. E può scaturire da qualsiasi accordo tra le parti seguito dall’invio della documentazione al Ministero del lavoro per scongiurare il pericolo di abusi o discriminazioni in termini di compenso. La legge parla chiaro:  al lavoratore agile spetta un trattamento economico e normativo pari a quello dei lavoratori che svolgono le stesse mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda. In conclusione i vantaggi ci sono. Ma ricordiamo che una stretta di mano ha pure la sua importanza in una trattativa, che le interazioni sociali con colleghi e clienti ci ancorano alla nostra umanità e alla nostra affettività. Per cui il contatto umano non può essere sostituito neppure dalla migliore piattaforma lavorativa”

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