(continua dalla edizione precedente)

La vita di Gilles De Rais, continua, divenendo consulente e primo generale di Giovanna D’Arco. Insieme a lei, e dopo a non poche guerre, sempre nella Loira, i due liberano Orleans, ricevendo per questo, anche la massima carica militare del tempo.

Solo tre anni dopo, a seguito di alcune congiure, Giovanna D’Arco viene messa al rogo in quanto ritenuta eretica, mentre il nonno di Gilles, Jean, ammalatosi, prima di morire, si pente dell’educazione disonesta e brutale, impartita a suo nipote, chiedendo per questo scusa sul letto di morte, e lasciando per questo beni materiali e denari, sia ai contadini, che per la costruzione di due nuovi ospedali.

Intanto Gilles, torna a vivere a Champtoce, ma è proprio quì, che comincia ad avvertire la mancanza degli orrori della battaglia: il desiderio, che ora rimaneva inesaudito ed insoddisfatto, di incutere al prossimo, terrore e morte, quello di vedere scorrere e sentire l’odore del sangue delle sue vittime, sotto gli inesorabili fendenti della sua sciabola, così come accadeva sul campo di battaglia.

Ed ecco l’inizio, per il nostro serial killer, di una nuova “carriera”, quella della devianza, quella di uccisore seriale. La prima innocente vittima di De Rais, non dovuta alle battaglie, sembrerebbe risalire al 1432, quando il nobile, dopo essersi trasferito con i suoi servitori, presso il castello di  Machecoul, uccise un bambino di soli 12 anni, solo un piccolo, povero ed umile garzone, inviato al castello da suo cugino. Poi, altri bambini, prima ben ripuliti ed altrettanto ben rivestiti vengono invitati a banchettare, ma, dopo il pasto, trasportati a forza in una stanza segreta, ove alla sola presenza di De Rais e di alcuni suoi fidatissimi cortigiani, lo stesso, sceglieva la vittima del momento, la appendeva per il collo ad un gancio in metallo, la stuprava brutalmente e serialmente, alternando le sue crudeli e spietate gesta, a momenti di apparente disponibilità, pietà e consolazione nei confronti dello sventurato giovane, che terminavano inesorabilmente, con la barbara, quanto mai spietata, uccisione del bambino. Essi venivano prima bastonati violentemente, poi sgozzati, decapitati e sventrati, innanzi alle risa insensibili dei presenti, che non mancavano di eccitarsi alla vista di tali scempi, compiendo azioni di autoerotismo.

Gilles, sembra fosse solito effettuare anche orride e funeree gare di bellezza.  Quando disponeva di più teste decapitate, le metteva in fila confrontandole tra di esse. Capi, che erano stati troncati mediante l’utilizzo di una spada tozza, robusta, a doppia lama affilatissima, appositamente forgiata e da lui chiamata braquemard.

Non mancavano rapporti di necrofilia e l’altrettanto macabro “gioco”, con i visceri fuoriusciti dai poveri bambini sventrati, vittime che tuttavia, molto difficilmente venivano lasciate in vita per più di una serata.

I corpi dei bambini trucidati, venivano bruciati e le loro ceneri, sparse ai venti nel fossato che circonda il castello, ciò, sempre con l’aiuto dei suoi fedelissimi servi, i quali non è dato sapere, quanto e sino a che punto, avessero mai condiviso le gesta di Gilles e se avrebbero taciuto, solo per mera paura.

Un giovane, sembra, scampato per la sua bellezza, alle angherie del killer e poi coinvolto nei giochi di morte, era soprannominato Poitou, divenne ben presto, il suo principale collaboratore ed uomo di fiducia.

(continua nella prossima edizione)

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