In occasione del 22° anniversario del gemellaggio tra Civitavecchia e la città santa di Betlemme, il Comitato 14 Maggio desidera omaggiare tale data traducendo e diffondendo il recente appello alla comunità internazionale dell’avv. Anton Salman, sindaco di Betlemme. In quanto città gemellata, è nostro dovere come abitanti di Civitavecchia dare spazio al messaggio di pace proveniente dalla Palestina con l’augurio che la città di Betlemme ritorni presto al suo recente splendore e nuovi progetti di cooperazione tra le nostre città abbiano luogo.

Domenica scorsa il governo israeliano ha portato avanti la costruzione di oltre 1200 unità coloniali in un’area a nord di Betlemme a cui ci riferiremo come l’insediamento illegale di “Giv’at Hamatos”. La sua costruzione è la continuazione di un processo di occupazione israeliana, iniziato nel 1067 quando la potenza occupante ha sciolto la legittima Municipalità araba di Gerusalemme Est e ha unilateralmente ampliato i confini comunali dell’illegittima Municipalità di Gerusalemme, che comprendeva anche 22000 dunum (22 km²) di terra che appartenevano a Betlemme, come Beit Jala e Beit Sahour.
L’insediamento illegale di Giv’at Hamatos mira a collegare gli insediamenti illegali di Gilo (“Al Slayeb”, costruito nel 1973 principalmente sulle terre di Beit Jala) e Har Homa (“Jabal Abu Ghneim”, costruito nel 1996 sulle terre di Beit Sahour), creando una solida barriera di insediamenti che perpetuerà la separazione di Betlemme da Gerusalemme, entrambe in territorio palestinese occupato da Israele nel 1967. Questo rappresenta un duro colpo per le nostre città, che rappresentano le aree principali per la nostra crescita naturale. Ciò circonderà anche Beit Safafa e cambierà il paesaggio intorno allo storico monastero di Ma Elias, la prima tappa della processione della vigilia di Natale che si svolge ogni anno dalla città vecchia di Gerusalemme. Questa continua espansione coloniale non solo separa la geografia tra le città sante, ma contribuisce anche al sabotaggio delle nostre pratiche e tradizioni palestinesi, religiose o culturali, ereditate dai nostri antenati.
Tutti gli insediamenti israeliani sono illegali secondo il diritto internazionale. Ciò è stato riaffermato in diverse risoluzioni dell’ONU, tra cui la risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza dell’ONU del 2016. La Corte Internazionale di Giustizia ha chiarito nel suo parere consultivo del 2004 che questi insediamenti non sono solo illegali, ma contribuiscono a negare il diritto inalienabile dei palestinesi all’autodeterminazione.
La Corte stabilisce anche chiare responsabilità per tutti i Paesi amanti della pace, inter alia, l’obbligo di non riconoscimento e di non supporto. Eppure, 16 anni dopo, ben poco di tutto ciò è stato attuato. Infatti, le aziende straniere continuano a contribuire allo sviluppo e al consolidamento degli insediamenti israeliani e delle relative infrastrutture, compresi gli insediamenti che separano Betlemme e Gerusalemme.
Oltre ad affrontare la pandemia COVID-19 e la grave crisi economica dovuta alle cancellazioni del turismo, nel corso del 2020 abbiamo dovuto affrontare l’espansione degli insediamenti e le relative infrastrutture in tutto il nostro distretto, anche nella valle di Al Makhrour/Battir (dichiarata patrimonio dell’umanità) e a Cremisan. Qualche settimana fa sono state approvate più di 900 unità per l’insediamento coloniale illegale di Har Gilo, situato sulla collina più alta di Betlemme.
Quando Israele iniziò la costruzione dell’insediamento di Har Homa nel 1996, abbiamo anche sentito dichiarazioni di “preoccupazione” e “condanna”, eppure la mancanza di azione è ciò che ha permesso a Israele, quasi 25 anni dopo, di avere oltre 24000 coloni in questo luogo. Chiunque affermi di avere a cuore la pace e la sicurezza mondiale, un ordine mondiale basato su regole, l’attuazione dei diritti inalienabili del popolo palestinese, da tempo attesi, e in particolare il presente e il futuro della più antica comunità cristiana del mondo, ha la responsabilità legale, morale e politica di agire per chiamare Israele a risponderne.
Così e durante questo santo periodo di Natale, quando i cuori e i luoghi di tutti i credenti sono diretti verso Betlemme, la città della Natività, invitiamo tutte le nazioni amanti della pace, la prossima amministrazione di Biden, l’Unione Europea e in particolare quei paesi che hanno uno status speciale per quanto riguarda lo Status Quo dei Luoghi Santi, così come la Santa Sede, ad agire immediatamente per porre fine all’occupazione israeliana della Palestina, interrompendo urgentemente la costruzione dell’insediamento coloniale illegale di “Giv’at Hamatos”. Betlemme non ha più bisogno di soffocamento e chiusura. Merita di essere riportata al suo antico splendore di città aperta alla pace.

Avv. Anton Salman
sindaco di Betlemme

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