Ricordato ieri mattina il centenario della morte di Melito Amorosi, il fascista aggredito da avversari politici e deceduto il 7 settembre 1921 in ospedale per le gravi ferite.

Una delegazione del Comitato Pro Centenario di Viterbo, guidata dal Senatore Ferdinando Signorelli e da Gennaro Ramacciani, ha deposto un omaggio floreale in via del Paradiso, dove l’Amorosi venne picchiato e accoltellato dagli Arditi del Popolo, e sulla tomba del martire.

Melito (in alcuni documenti è indicato anche come Mellito) Amorosi nasce a Marta (VT) il 15 marzo 1888, e al momento del decesso è residente a Sermugnano, frazione del Comune di Castiglione in Teverina.

Dopo aver prestato servizio di leva in artiglieria, il 31 ottobre 1920 è riformato dall’ospedale militare di Roma per una lesione molto importante all’avambraccio sinistro, avvenuta durante la sua attività lavorativa di fabbricante di fuochi d’artificio.

Aderisce al Fascismo e si distingue per ardimento e coraggio nonostante la grave mutilazione. Il 28 agosto 1921 è a Viterbo per preparare lo spettacolo pirotecnico in onore della Santa patrona della città, Santa Rosa, che si celebra con una solenne processione la sera del 3 settembre.

La sua presenza a Viterbo è segnalata agli antifascisti locali, che organizzano un’aggressione. I sovversivi, nei giorni precedenti, hanno dichiarato pubblicamente di essere pronti a saldare il conto con l’Amorosi se si farà vedere in città. Preparano quindi con cura l’agguato, rompono le lampadine dell’illuminazione stradale e si appostano nei pressi del magazzino temporaneo di fuochi d’artificio, situato fuori dal centro abitato, in via del Paradiso.

Quando l’Amorosi giunge all’inizio della via, accompagnato da un suo operaio, tale Giovanni Roncio, si accorge che la strada è buia. Improvvisamente, usciti dal loro nascondiglio, alcuni sovversivi si lanciano sull’Amorosi. Si tratta degli Arditi del Popolo, la formazione squadristica composta da estremisti di sinistra. Il povero Amorosi è circondato, pugnalato quattordici volte e colpito ripetutamente con mazze ferrate. Benché preso di sorpresa si difende come può. Quando gli aggressori fuggono, si alza faticosamente in piedi e raggiunge barcollando il Bar Garbini, poco fuori Porta Fiorentina. Qui viene soccorso da alcuni giovani e trasportato in ospedale, dove è interrogato dai Carabinieri e, nonostante il dolore lancinante causato dalle pugnalate e dai colpi di mazza ricevuti, riesce a dare indicazioni agli investigatori per individuare gli aggressori.

Melito Amorosi muore nella notte tra il 7 e l’8 settembre 1921. Lascia una bambina di otto anni. Il suo corpo, seppellito in una fossa comune, nel 1924 sarà riesumato e troverà una definitiva e degna sistemazione.

Comitato Pro Centenario 1918-1922 Viterbo

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