La Cgil supera le peggiori previsioni e diventa lo strumento comunicativo dell’azienda.

Alcuni giorni fa, USB ha denunciato le mancanze in fatto di salute e sicurezza in atto nel punto vendita Coop di Civitavecchia, che sono diventate minacce e vessazioni, da parte del caponegozio, verso chi si adopera affinché vengano colmate, nello specifico la rappresentante sindacale USB. Un clima evidentemente avallato dalla stessa Coop che, messa a conoscenza più volte di quanto sta accadendo, non è mai intervenuta per spezzare il clima intimidatorio creato né per far fronte alla giusta tutela dal rischio contagio per lavoratori e consumatori.
Dopo la denuncia ci si augurava un controllo capillare da parte dell’azienda per porre fine allo stato di cose. Invece, è arrivato il comunicato Cgil, una difesa, senza alcun riscontro reale, dell’operato di Coop. Abbiamo letto le parole di autodifesa di un’azienda che non ha il coraggio di ammettere e correggere i propri errori, peccato che fossero a firma del sindacato.
Nemmeno nelle peggiori previsioni ci si sarebbe aspettati un testo simile, quasi come la Cgil fosse uno strumento in mano a Coop, mobilitata nei momenti di difficoltà.

USB al fianco dei lavoratori e della propria rappresentante sindacale non si lascia intimorire e non fa nessun passo indietro.
Coop, nel punto vendita di Civitavecchia, non ha attivato le misure idonee a tutelare dal rischio contagio da Coronavirus. In particolare, il contingentamento non viene effettuato nel modo corretto, tanto da creare assembramenti e file alla barriera casse, nel momento del pagamento della merce. Sono stati notati piccoli miglioramenti solo dopo l’intervento delle forze dell’ordine, sollecitate da un nostro colloquio con il Sindaco. Il caponegozio deve coordinare i due vigilantes presenti nel punto vendita, in modo che il numero di clienti che
entrano sia uguale a quello che esce, altrimenti si verranno sempre a creare code, di cui non possono essere accusati né gli utenti né tantomeno i cassieri.
I dispositivi di protezione, arrivati in ritardo, come le barriere in plexiglass, non vengono consegnati in entrata ai lavoratori. In questo modo gli stessi, sprovvisti di mascherine e guanti devono cercare il caponegozio per il centro commerciale elemosinando i dispositivi.
La consegna viene effettuata in modo non igienico. In più di un’occasione, la mascherina alla nostra rappresentante è stata consegnata, non incartata, con gli stessi guanti con cui poco prima era stato effettuato lo scarico della merce. Allo stesso modo manca il gel
disinfettante nelle postazioni comuni dei lavoratori. Per quello che riguarda la sanificazione, torniamo a ribadire la differenza con la pulizia ordinaria che nulla ha a che vedere con il
contenimento del rischio biologico, come quello in atto per Coronavirus. Chiediamo all’azienda, per esempio, ogni quanto vengono sanificati i carrelli, che passano di mano in mano decine di volte e sono un veicolo ottimale per il virus.
A questo si aggiunge il clima intimidatorio creato dal caponegozio intorno alla rappresentante sindacale che denuncia fin dagli inizi dell’emergenza sanitaria le carenze all’interno del punto vendita.
Sindacato significa lottare al fianco dei lavoratori in difesa dei diritti, a partire dalla salute. Chi non lo fa non può fregiarsi di questo titolo.

USB commercio

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