(continua dall’edizione precedente

Terapia

Un ruolo fondamentale in fase cronica è svolto dalla calzatura e dall’ortesi plantare. Le caratteristiche delle calzature, in genere, dipendono dal grado di deformità che questi piedi ad alto rischio di ulcerazione presentano. La calzatura ideale è costituita da una suola rigida ad angolo di battuta anteriore per permettere il rotolamento del passo e ridurre il frizionamento a livello metatarso-falangeo; la tomaia deve essere di pelle morbida, deformabile, senza cuciture interne; deve essere extra-fonda, con un’altezza di almeno 4 cm nella regione anteriore per permettere l’alloggiamento delle dita a martello; la calzata, cioè il rapporto tra la pianta e la volta della tomaia, deve essere sufficiente a contenere un plantare senza creare frizioni. La calzatura deve essere allacciata con stringhe o con velcro affinché sia ottimale la presa sul collo del piede, evitando così lo scivolamento anteriore e il fisiologico sollevamento del tallone durante il passo. Ad ogni modo, tutti i piedi con osteoartropatia necessitano di controlli costanti e calzature adeguate per tutta la vita, al fine di prevenire l’ulcerazione. Per l’esecuzione corretta di tali ortesi personalizzate, ci si avvale di pedane computerizzate per l’analisi statica e dinamica del passo. Il plantare ideale è costituito da uno strato interno fatto di materiale morbido, tale da assorbire le pressioni del piede e cioè ridurre lo shock (forze perpendicolari) e lo stress (forze trasversali); questo strato deve essere traspirante e anallergico; uno strato intermedio, elastico e sufficientemente stabile nella forma anche sotto il carico del peso (cioè dotato di “memoria”); uno strato esterno rigido, di supporto, utile per il miglior controllo funzionale del piede.

Il plantare deve avere uno spessore minimo per garantire lo scarico, in funzione anche della conformazione del piede: un piede cavo, ad esempi, necessita di un plantare più spesso. Il plantare deve sempre essere fatto a contatto totale, su calco (ossia su misura): il paziente imprime la propria impronta stando seduto; si esegue un calco in gesso dell’impronta stessa; si riveste il calco con materiali termoformabili, lavorabili a caldo; si rifinisce il plantare fino a renderlo idoneo alla calzatura. Ogni plantare deve nascere per essere alloggiato in una calzatura, pertanto non è corretto prescrivere l’uno senza l’altra.

Per quanto riguarda la fase acuta, in genere si utilizza un mezzo di immobilizzazione dell’articolazione affetta dall’osteoartropatia di Charcot, e il divieto assoluto di carico.

(fine)

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