In passato per realtà si intendeva ciò che è concreto, solido, visibile e tangibile. Però reali erano anche la carriera, la famiglia, i legami, la patria, la religione e la fede, venivano percepite come cose, come oggetti sensibili e concreti. Poichè erano cose reali, durature e stabili suscitavano senso di appartenenza, partecipazione e sentimenti autentici e veri. Per Dio e per la patria si andava a morire, come si rinunciava a tutto per la famiglia e per i figli. Passato qualche decennio sotto l’influenza collettiva di internet, della modernità robotica, delle tv private e delle crisi economiche oggi non si sa più cosa voglia dire e si intenda con la parola “realtà”. Leggendo Zygmunt Bauman e il suo “Amore liquido”, penso che la maggior parte delle persone possano confermare di averlo sperimentato in un particolare periodo della loro vita in cui non riuscivano a sentire nulla, nessun sentimento, apatia completa. Volendo indagare il disagio generazionale che percepiamo nella società odierna si incappa inevitabilmente nei mezzi che questa generazione adotta: Tinder e le più svariate dating apps. Attraverso il loro utilizzo si trovato storie e si selezionano soggetti da incontrare anche virtualmente. Si tratta di storie solitarie, eccentriche, spesso standardizzate, centrate sull’apparenza e sul sesso. Lo stesso Bauman, nella prefazione, dice che l’eroe di questo libro è «l’uomo senza legami». Così come il celebre personaggio di Musil (l’Ulrich de L’uomo senza qualità) era un soggetto alla ricerca di una identità, senza che nessuna delle qualità acquisite avesse garanzia di durata in un mondo sconcertante e mutevole, il protagonista del saggio di Bauman è l’uomo della modernità liquida, cioè di quella fase dell’età contemporanea che si caratterizza per lo stato mutevole e instabile di ogni sua forma organizzativa (famiglia instabile, ricomposta, multipla, informale; denatalità – lavoro precario, a chiamata, a progetto, a contratto, intermittente; ecc.). Ulrich, l’uomo moderno, è un individuo che può cambiare più identità, senza essere mai davvero “qualcuno”! In più l’uomo contemporaneo è un uomo senza legami. Secondo Bauman, dunque, se l’uomo senza qualità è il perfetto ritratto dell’uomo moderno, l’uomo senza legami è l’individuo plasmato dalla «modernità liquida». Il tema principale della riflessione di Bauman è dunque «la relazione umana» e la sua sorte in un’età in cui «gli uomini e donne disperati, perché abbandonati a se stessi, che si sentono degli oggetti a perdere, che anelano la sicurezza dell’aggregazione e una mano su cui poter contare nel momento del bisogno, e quindi ansiosi di “instaurare relazioni” sono, al contempo, timorosi di restare impigliati in relazioni “stabili”, per non dire definitive, poiché paventano che tale relazione possa comportare oneri e tensioni che non vogliono né pensano di poter sopportare e che dunque possa fortemente limitare la loro tanto agognata libertà di “instaurare relazioni”. La relazione è dunque il terreno contemporaneo della più grande ambivalenza: deve essere leggera e flessibile per potersi rompere facilmente e dare la possibilità all’individuo contemporaneo, senza carriera, senza posto fisso ma precario e mal pagato, in affitto o che vive ancora a ridosso della famiglia di origine, di ricostituirsi, ritessersi, mantenendo intatta tutta la potenzialità relazionale. In questo modo, ognuno è molto più solo che in passato, ma libero molto più che in passato di tentare forme e sistemi per uscire da questa solitudine e incertezza. L’idea che questa volta succederà qualcosa che cambi la vita è l’unica cosa certa che è rimasta e a questa ci si aggrappa con tutte le forze e quindi si distrugge continuamente ciò che si cerca, la stabilità! La società contemporanea è passata dallo stato solido e concreto allo stato liquido, informe e astratto e così le identità e le relazioni. Sembra, commenta Bauman, che le cose vadano come aveva osservato Heidegger: «esse si manifestano alla nostra coscienza solo attraverso la frustrazione che provocano allorché vanno in malora, svaniscono, tradiscono le nostre aspettative o la propria natura».
www.alessandrospampinato.com

 

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