Comunemente per tartufo si intende il solo corpo fruttifero ipogeo che viene individuato con l’aiuto di cani e raccolto a mano. Il tartufo è un alimento estremamente pregiato e ricercato, molto costoso. Il tipico profumo penetrante e persistente si sviluppa solo a maturazione avvenuta e ha lo scopo di attirare gli animali selvatici (maiale, cinghiale, tasso, ghiro, volpe), nonostante la copertura di terra, per spargere le spore contenute e perpetuare la specie. In Italia è sempre possibile raccogliere tartufi, salvo il periodo di fine aprile. Tradizionalmente la raccolta era compiuta impiegando un maialino. Il problema di tale metodo è che il maiale è ghiotto di tartufi, ed occorre trattenerlo per impedirgli di mangiare il ritrovato.
Al giorno d’oggi, in Italia si impiegano esclusivamente cani debitamente addestrati. Non si impiegano razze particolari (a parte il lagotto romagnolo), al contrario in genere si sceglie un bastardo di piccola taglia. Invece in alcune regioni della Francia, in particolare nel Lot e nel Périgord, si usa ancor oggi andare in cerca di tartufi con maiali perfettamente addestrati. Le regioni italiane dove è più attiva la ricerca di tartufi sono quelle del centro-nord: il Piemonte (Langhe e Monferrato), la Lombardia (Oltrepò Pavese), la Toscana (colli di San Miniato, alta Valtiberina, Volterrano), le Marche (valli del Metauro), Emilia Romagna (Appennino parmense o romagnolo), l’Umbria (Norcia e Spoleto), l’alto Abruzzo. Due sono i tartufi italiani più famosi nel mondo: il tartufo bianco si raccoglie in autunno ed è senz’altro il più pregiato; si apprezza tagliato a fettine nei primi piatti, nelle insalate o in zuppa e con le uova. E’ assai leggero (100 gr corrispondono a cica 40 calorie) e va consumato velocemente; il tartufo nero è anch’esso di gran pregio. Si raccoglie da metà novembre a metà marzo. Ha la superficie rugosa e all’interno è venato di bianco. Si utilizza tagliato crudo, grattugiato o a fettine. Esistono poi altre varianti: il tartufo nero estivo, detto anche scorzone, che si raccoglie da giugno a dicembre ed è nero in superficie e bianco giallognolo all’interno; il suo aroma è spesso giudicato sgradevole; il tartufo nero d’inverno, dal sapore mediocre, si distingue da quello pregiato perché non presenta venature bianche all’interno; il bianchetto che si raccoglie da gennaio a marzo, molto meno pregiato del bianco adatto per salse, burro ed olio aromatizzato. Per la conservazione del tartufo conviene utilizzare un contenitore con chiusura ermetica per non disperdere la caratteristica più preziosa: l’aroma. Oppure si avvolgerà in un panno umido da cambiare quotidianamente. In entrambi i casi va conservato in frigorifero per breve tempo; il surgelamento non è consigliato. Per conservarli più a lungo si consiglia di ricoprirli di riso all’interno di un barattolo ben chiuso e riporlo in frigo. I tartufi non vanno sbucciati ma spolverati dalla terra residua con uno spazzolino ed un panno. Dicono del tartufo che le sostanze profumate ed intense emanate, possano provocare un particolare stato di benessere e di attrazione verso il sesso opposto: in altre parole, il tartufo sembra vantare proprietà afrodisiache, ma questa virtù dev’essere ancora del tutto accertata.
Il tartufo non apporta moltissime calorie: infatti, 100 grammi di prodotto contano solo 31Kcal. Questi particolarissimi funghi non si rivelano molto interessanti dal punto di vista fitoterapico, né tantomeno nutrizionale, se non per la ricchezza in fibre e sali minerali sapientemente assorbiti dal terreno. A tal proposito, il tartufo è un ottimo rimedio naturale in caso di demineralizzazione. Quando associato ad altri alimenti, quindi utilizzato come una sorta di spezia aromatica, il tartufo ne facilita la digestione; viceversa, quando il suo consumo diviene abituale, il tartufo può incarnare un potenziale pericolo per il fegato e per lo stomaco. Non a caso, è sconsigliato ai pazienti affetti da epatopatie e renella.