Come mai un codice così semplice come può essere quello stradale, fatto di qualche regola elementare come dare la precedenza a destra, rispettare i limiti di velocità indicati, rispettare i tre colori del semaforo, ecc sembra, invece, il più difficile da far rispettare e le strade sono tra i luoghi più pericolosi che si conosca? E ancora, come mai nei posti di lavoro dove ruoli, mansioni, competenze, gerarchie, orari sono strutturati e normati si assiste spesso a dinamiche folli, problemi di gestione del personale, sindromi varie come il burn-out, lo stress correlato o peggio ancora il mobbing? I luoghi di lavoro posso ammalare le persone, rovinare i rapporti e per queste ragioni le aziende posso entrare in crisi e le società fallire. Eppure a guidare la macchina e a lavorare, tranne qualche eccezione, sono tutte persone intelligenti, istruite, normali. Gli esempi posso essere tanti, ma vediamo di rispondere a queste domande. Le competenze, le conoscenze, le capacità cognitive, culturali, professionali e tecniche sono sicuramente elementi fondamentali per determinare il successo lavorativo e la sopravvivenza sulle strade, ma in tutto quello che facciamo e viviamo in gioco non c’è solo il così detto Quoziente Intellettivo (QI). L’uomo è un essere emotivo e istintivo ed è capace di provare sentimenti e, oltre ad una parte di sé lucida,  razionale e consapevole, ha un restante mondo interno sommerso in quel luogo della coscienza chiamato inconscio. Secondo una ricerca di Canergie Institute of Technology, per esempio, l’85% del successo economico di una persona è legato a caratteristiche che non hanno a che fare con la sua preparazione accademica, quanto piuttosto con capacità relazionali. Così da circa vent’anni la psicologia sta affrontando lo studio di un’altra intelligenza che è sempre in gioco nella vita: “l’intelligenza emotiva”. Essa è la capacità di leggere le nostre emozioni e quelle di chi ci circonda. A differenza del quoziente intellettivo, che resta pressoché invariato per tutta la vita, può essere coltivata e rafforzata. È importante svilupparla perché da essa dipendono tantissime cose essenziali come la sicurezza stradale, il successo professionale e sociale, la riuscita di una famiglia, la salute mentale, l’autostima, ecc. Da dove nascono, dunque, queste facoltà? Secondo Preston, docente del dipartimento di scienze della comunicazione di Foothill College, nella Silicon Valley, “L’intelligenza emotiva è un mix di predisposizione naturale e di educazione che si riceve dalla famiglia”. Secondo Goleman (1997) l’intelligenza emotiva è un aspetto dell’intelligenza legato alla capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni. “L’intelligenza emotiva coinvolge l’abilità di: percepire, valutare ed esprimere un’emozione; accedere ai sentimenti e/o crearli quando facilitano i pensieri; capire l’emozione e la conoscenza emotiva; regolare le emozioni per promuovere la crescita emotiva e intellettuale”. La competenza emotiva è “l’insieme di abilità pratiche (skills) necessarie per l’autoefficacia (self-efficacy) dell’individuo nelle transazioni sociali che suscitano emozioni (emotion-eliciting social transactions)“. Attraverso questi elementi, siamo in grado di intraprendere relazioni positive e empatiche con gli altri e di favorire comportamenti socializzanti. Sviluppare competenze emotive significa favorire scambi comunicativi e stimolare il pensiero costruttivo e creativo. Lo sviluppo della competenza emotiva riguarda anche la regolazione delle proprie emozioni (self-control) in cui l’individuo produce livelli ottimali di comportamento e socialmente accettabili. È attraverso l’interazione con altri che si modella il comportamento emotivo ritenuto idoneo nei diversi contesti ed è la socializzazione che stabilisce le norme entro le quali le emozioni si devono manifestare per essere considerate appropriate. L’intelligenza emotiva si può coltivare e sviluppare rendendo la nostra vita più sicura, ricca, profonda e sana.

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