A cura di Nicola Toma
Forse non tutti, in special modo i giovani, nonostante il conseguimento di diplomi e lauree, hanno avuto la possibilità di studiare (forse il programma degli studi non lo prevedeva) le vicende della 1^ Guerra Mondiale e le gesta eroiche compiute non solo dai bersaglieri ma anche dagli appartenenti alle varie Armi e Specialità delle Forze Armate italiane. Voglio parlarvi della storia di Enrico Toti, uno dei tanti nostri eroi che a casa non fecero più ritorno perché restarono sul campo dell’onore. Quello che scrivo è riportato in tantissimi libri, pertanto, per brevità, stralcio alcuni episodi che lo caratterizzano. Nacque e crebbe a San Giovanni, un Quartiere di Roma, il 20 agosto 1882. Egli visse un’umile vita, di povertà, travagliata da stenti e dalla sventura. Nel 1897 è marinaio (mozzo) sulla nave scuola Ettore Fieramosca, passando poi sulle navi da guerra. Congedatosi nel 1905 fu assunto come fuochista nelle ferrovie dello Stato; dove subì la mutilazione della gamba sinistra per un incidente di servizio.
Giramondo per amore di sportivo e per naturale tendenza del carattere avventuroso; commerciante occasionale, di tanto in tanto venditore di cartoline e persino maestro di lingua italiana quando, a Stoccolma, la neve lo blocca per un mese intero ed egli non sa più come mantenersi per vivere. Nel 1911 con la sua bicicletta (e con una gamba sola) fa il giro di tutta l’Europa fino in Russia. Inizia andando a Parigi, poi in Belgio, nei Paesi Bassi e la Danimarca, fino a raggiungere la Finlandia e la Lapponia. Attraversa la Russia e la Polonia, rientrando in Italia nel giugno 1912. Nel gennaio 1913 va in Africa con l’intento di attraversarla tutta ma, raggiunto il confine con il Sudan, le Autorità inglesi gli vietano di proseguire giudicando il percorso troppo pericoloso e così gli imposero di concludere il viaggio e lo rimandarono al Cairo da dove fece ritorno alla sua città per dedicarsi con successo alla lavorazione del legno. Allo scoppio della 1^ Guerra Mondiale, Enrico Toti presentò tre domande di arruolamento che furono respinte. Toti decise, nonostante tutto, di inforcare la bicicletta e di raggiungere il fronte presso Cervignano del Friuli. Qui fu accolto come civile volontario e adibito ai “servizi non attivi”, privo, quindi, delle stellette militari. Una sera, però, fermato da una pattuglia di Carabinieri a Monfalcone, fu obbligato a tornare alla vita civile. Con la sua tenacia riuscì ad entrare una seconda volta, sempre come civile volontario, presso il Comando Tappa di Cervignano del Friuli da dove fu trasferito alla Brigata “Acqui” e su sua richiesta al Reparto ciclisti del 3° battaglione bersaglieri dove lo stesso Comandante, il Maggiore Rizzini, gli consegnò l’elmetto piumato da bersagliere, le stellette e il fucile. Enrico Toti partecipa ai combattimenti in prima linea. Il 6 agosto 1916, durante l’assalto alla quota 85, a Sablici, sopra Monfalcone, colpito tre volte cadeva l’eroico bersagliere Enrico Toti, “il divino dispregiatore dell’austriaco”, come disse Gabriele D’Annunzio, “l’uomo iroso delle grucce che i fanti piumati, suoi compagni di gloria, per antonomasia, ben chiamarono quello della stampella”. Ed ecco la testimonianza di un suo commilitone: “in pieno giorno superammo lo sbarramento nemico allo scoperto ed attaccammo ed Enrico era tra i primi. Aveva percorso 50 metri quando una prima pallottola lo raggiunse. M’avvicinai mentre eravamo entrambi allo scoperto. Non ne volle sapere di ripararsi. Continuava a lanciare bombe, e per questo si doveva alzare da terra. Fu così che si prese una seconda pallottola al petto, pensai che fosse morto. Mi feci sotto tirandolo per la gamba ma lui scalciò. Improvvisamente si sollevò sul busto e, afferrata la gruccia, la scagliò verso il nemico esclamando “Nun moro io!”
Una pallottola, questa volta l’ultima, lo colpì in fronte. Ma prima di morire bacia le piume che palpitano all’affanno del suo respiro sempre più debole”. La sua grande figura che campeggia immensa oltre lo stesso smisurato valore del suo gesto è gelosamente custodita nel cuore di chi crede che Enrico Toti non è solo un soldato eroe ma è un simbolo che ha illuminato ed illumina la storia del nostro popolo. Che l’Italia non zoppichi più! Questo volle simboleggiare quel gesto. Ad Enrico Toti fu conferita una Medaglia d’Oro al Valor Militare. Questa è la storia, in breve, di Enrico Toti. Avrei voglia di continuare non a parlare di Toti, perché quanto scritto basta per dare l’idea di come è stata vissuta intensamente la sua vita, ma a commentare con gli attenti lettori, in tutta serenità, quanto del messaggio che ha voluto darci l’eroe, e non solo lui, è oggi di stimolo per chi ha in mano le sorti del nostro grande Paese, perché grandi sono le risorse umane che esso possiede. Come la vedo io e, purtroppo, non solo io. Abbiamo seppellito nelle oscure tenebre dell’oblio, sopraffatti dal clima di quest’epoca sconvolta da falsi ideali, quanto di più nobile, di virtuoso, di onorato, di dignitoso, di generoso hanno lasciato in eredità coloro i quali hanno tanto amato la Patria più della propria vita. I vari problemi, e ce ne sono, piccoli o grandi che siano, che attanagliano quotidianamente il nostro vivere, vanno affrontati con lo stesso coraggio con cui altri prima di noi li hanno affrontati. Come ci si può arrendere se abbiamo davanti a noi migliaia di esempi da seguire che ci incitano a non mollare perché c’è la soluzione a tutto: basta volerlo. Dal nostro comportamento nel presente prende forma un progetto futuro. Ma è d’obbligo porci una semplice domanda: voglio veramente bene alla mia Patria? Onoro col mio fare la memoria di chi ha intensamente amato la sua e la mia terra tanto da donare se stesso? Non c’è bisogno di un animo gentile e generoso per rispondere a queste domande perché la risposta è già scritta nella nostra coscienza. Già proprio la coscienza! Venduta la quale si può commerciare di tutto (proverbio indiano).
Chi vuol intendere, intenda!