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Nella Tradizione e nelle varie culture del mondo troviamo spesso riferimenti all’estetica, all’arte e alla ricerca del Bello. Ma cosa è bello? Per il pensiero comune “non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace”, per i sapienti, invece, è Bello ciò che rispetta determinati canoni cosiddetti estetici e che si rifanno a delle formule e dei principi aritmetici e geometrici che sin dall’antichità sono stati usati per edificare i Templi e che si riscontrano in natura. Sin dalla più piccola molecola fino alle galassie troviamo un’organizzazione geometrica che è espressione di precisi rapporti matematici cui la materia è connessa. Così rintracciamo sia nelle Piramidi d’Egitto sia negli Stupa indiani che nelle Cattedrali Gotiche europee la proporzione aurea, il π (3.14), il numero d’oro φ (1.614), e lo spazio è disposto rispettando precisi  accordi, ritmi e intervalli musicali, etc… Il Bello è armonia delle parti, perfezione matematica e geometrica, riflesso terrestre della perfezione cosmica e micro-cosmica. Il Bello, quindi, e la sua ricerca ha uno un fine, un obiettivo e una funzione ben precise: mettere in luce una profonda e tradizionale conoscenza sapienziale volta a esprimere l’invisibile attraverso il visibile e, quindi, ad aiutare l’uomo che vuol cercare la Verità che si cela dietro tutte le cose. Come ci insegna Pitagora, il Bello “è lo splendore del Vero”. Egli, nel trattato intitolato “Sugli dei”, ci parla delle Arti o Scienze Liberali, la cui assimilazione, teorica e pratica, opera con altri apprendimenti per il risveglio della coscienza che porta alla conoscenza diretta e sperimentale del vero Uomo, dell’Universo e di Dio. Le Arti Liberali sono divise in Trivio (Grammatica, Retorica e Logica) e Quadrivio (Aritmetica, Geometria, Musica e Astronomia). Una vera costruzione sacra deve riprodurre essenzialmente e simbolicamente tutta questa intima e segreta organizzazione dell’Universo. Il Bello nelle arti consiste, infatti, nella misura (Geometria) e nell’ordine della forma (Musica). S. Agostino, nel suo trattato “De musica”, definisce la geometria e la musica come sorelle ed entrambe figlie del Numero e specchi dell’armonia eterna. Lo stesso vale per il retto pensare (Logica), ragionare (Retorica) e parlare (Grammatica), espressione della progressiva acquisizione della Verità e quindi della Bellezza interiore. Tutto questo è certamente vero ma non ci deve far dimenticare che le forze in gioco nell’Universo sono tante e a volte contrarie! All’Ordine si oppone il Caos attraverso il principio dell’entropia ovvero la graduale degenerazione di un sistema verso il massimo disordine. Anche il caos, la degenerazione e la morte fanno parte del disegno perfetto della Creazione ed entrano in gioco nella ricerca della Bellezza. L’oriente, più che l’occidente, veicola molto bene in concetto di “Impermanenza” secondo cui nulla è per sempre, tutto ciò che ha avuto un inizio avrà certamente una fine e tutto ciò che nasce inevitabilmente muore e dunque è saggio non attaccarsi a nulla su questa terra perché tutto è Impermanente e dunque fugace. Ecco perché i monaci, una volta finito di creare il mandala (rappresentazione simbolica del cosmo, realizzata con polveri di vario colore sul suolo) lo distruggono con un colpo di pennello! Alla luce di questa consapevolezza potremmo inserire a pieno titolo, tra i canoni della Bellezza, incompiutezza e l’imperfezione ovvero l’impermanenza. Un opera, perché sia espressione Vera di bellezza e quindi non un artificio o una illusione, deve essere incompiuta o fugace. La Bellezza non è per sempre, non è una e non è perfetta. Forse per questo la Piramide di Cheope non ha il Piramidion (il vertice), i templi greci avevano una porzione di muro scoperta e le Cattedrali sono opere a cantiere sempre aperto. La Bellezza, quella Vera, è una ricerca continua, un desiderio sempre da realizzare, una parziale, momentanea e passeggera esperienza dell’infinito.

www.alessandrospampinato.com

 

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