In Italia, come in numerosi altri paesi, si registra un notevole aumento delle cremazioni in tutti i municipi, ivi compresi quelli del Sud, nonostante questi ultimi siano più legati alla cultura della sepoltura tradizionale.
La consapevolezza dei danni alla salute, causati dall’inquinamento dell’aria, spinge sempre più frequentemente le popolazioni residenti vicino ai forni crematori a cercare di informarsi sui possibili rischi di malattia o anche di morte ai quali esse potrebbero essere esposte.
ISDE Italia, con il seguente documento, vuole portare informazioni scientifiche obiettive che possano far luce sui rischi reali che potrebbero correre queste popolazioni.
La temperatura di un forno crematorio raggiunge gli 800-1000°C. L’incenerimento della salma, della bara con il rivestimento, dei vestiti ed eventualmente di altri accessori, genera diverse sostanze tossiche, in particolare materiale particolato fine/ultrafine, monossido di carbonio (CO), ossidi di azoto e zolfo (NOx, SO2), composti organici volatili (COV), composti inorganici del cloro e del fluoro (HCl, HF), metalli pesanti. Inoltre, sono emessi mercurio (dall’amalgama nelle otturazioni dentarie), Zinco (specialmente nel caso del-le cremazione di tombe estumulate), diossine-furani (PCDD/PCDF) e IPA. (1)
L’emissione di diossine-furani, data la loro grande tossicità, riveste particolare importanza. In seguito ai controlli delle emissioni ai camini dei forni crematori dei cimiteri di Pistoia (dicembre 2011) e Arezzo (aprile 2013), ARPAT riscontrò superamenti del valori limite delle diossine che portò, nel primo caso, alla prolungata chiusura del forno stesso (1).
Una recente revisione della letteratura ha messo in evidenza che le emissioni di mercurio dai forni crematori non sono affatto trascurabili (2). L’EPA stima che un forno crematorio che cremi in media 100 salme l’anno, emetta quasi un chilo di mercurio (1). La cremazione annuale di migliaia di salme potrebbe causare emissioni di decine di chilogrammi di mercurio. Uno studio inglese stima che per il 2020 il mercurio emesso dalla pratica della cremazione peserà per il 35% del mercurio totale emesso in atmosfera (1). Infatti, nonostante l’uso dell’amalgama al mercurio nelle otturazioni dentali vada diminuendo, il numero delle persone che hanno già denti curati con questo tipo di otturazioni è molto grande ed oggi l’aspettativa di vita è sempre più lunga. Per numerosi decenni, dunque, le cremazioni riguarderanno salme con amalgama al mercurio nonostante la riduzione del suo uso nelle otturazioni dentarie.
Vicino alle fonti di emissione di mercurio, possono essere rilevati alti livelli di questo elemento tossico (3). L’esposizione al mercurio ed alle diossine, anche a dosi estremamente basse, è responsabile di danni al sistema nervoso in via di sviluppo, tra i quali una riduzione del quoziente intellettivo, alterazioni del comportamento, disordini dello spettro autistico, turbe dell’attenzione, dislessia (4,5).
Come in tutte le forme di combustione, la quantità di inquinanti emessi è in rapporto alla quantità di materiale bruciato. Tuttavia, gli alti costi della costruzione e della manutenzione di un impianto di cremazione, rendono il rapporto costo beneficio a favore di impianti che possano bruciare ameno alcune migliaia di salme l’anno.
Al fine di ridurre l’inquinamento prodotto dalla attività dei forni crematori, ISDE suggerisce il rispetto dei seguenti punti:
1) istallazione delle migliori tecnologie disponibili per la riduzione delle emissioni, in particolare di diossine e mercurio;
2) effettuazione di un accurato studio diffusionale di ricaduta delle emissioni, per verificare l’estensione delle aree maggiormente interessate;
3) utilizzo di bare che abbiano caratteristiche strutturali che limitino le emissioni tossiche in atmosfera durante la loro combustione;
4) ricerca di diossine e mercurio in campioni di terreno e vegetali nell’area individuata al punto 1, prima della entrata in esercizio del forno crematorio. Questa indagine ha lo scopo di verificare, con successivi controlli periodici, eventuali deposizioni significative di inquinanti e, in tal caso, so-spendere sia l’attività crematoria che, a scopo precauzionale fino ad analisi del prodotto, il con-sumo della eventuale presenza di vegetali coltivati;
5) controllo periodico al camino dei più importanti inquinanti emessi.
Infine, tali richieste sui forni crematori dovranno essere ancor più stringenti in quelle zone dove sono presenti altre importanti fonti di inquinamento, come centrali a carbone, inceneritori di rifiuti e cementifici, a causa dei possibili effetti sommatori negativi sulla salute umana e sull’ambiente, da parte degli altri agenti tossici emessi.
Bibliografia
1) La cremazione in Italia: aspetti normativi ed impatto ambientale. Bozza interna ARPAT, Settore di Indirizzo Tecnico delle Attività. Giugno 2014.
2) M. Mari, J.L. Domingo. Toxic emissions from crematories: A review. Environment International 36 (2010) 131–137.
3) UNEP. Module 2. Mercury and Industry. Accessed on 2nd August 2016.
http://www.unep.org/chemicalsandwaste/Portals/9/Mercury/AwarenessPack/English/UNEP_Mod2_UK_Web.pdf
4) Grandjean P, Landrigan PJ. Neurobehavioural effects of developmental toxicity. The Lancet Neurology, Volume 13, Issue 3, Pages 330 – 338, March 2014.
5) Grandjean P, Landrigan PJ. Developmental neurotoxicity of industrial chemicals. Lancet. 2006 Dec 16;368(9553):2167-78.

 

image_pdfScarica articolo (pdf)image_printStampa articolo
Quanto ti piace?

Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com