Dopo il primo articolo sulla nascita del Corpo dei Bersaglieri, considerato che siamo nel centenario della Prima guerra Mondiale,  è doveroso esprimere un grato pensiero a chi per la nostra Patria ha donato se stesso senza chiedere  nulla in cambio. La Prima Guerra Mondiale, la cosiddetta “Grande Guerra”, viene ritenuta, limitatamente alle vicende del nostro Paese, la “Quarta Guerra d’Indipendenza”. Solo con essa, infatti, veniva portata a compimento l’Unità Nazionale, interrotta 48 anni prima con la presa di Roma (20 settembre 1870).  Il 4 novembre 1918, le città di Trento e Trieste, due gemme mancanti alla corona della nostra unità, si ricongiungevano, in un’unica Patria, alle loro sorelle italiane grazie alle Unità del  7° e dell’11° Reggimento bersagliche per prime entrarono a Trieste. Il raggiungimento di un così sublime ideale era costato un prezzo mai prima immaginabile, in termini di giovani vite immolate. Mai, come in quei tre anni di guerra, 1915-1918, le Forze Armate si sono così profondamente identificate con l’anima stessa del Paese. Settecentomila vite, il meglio della gioventù italiana di allora, trovano oggi riposo nei vari sacrari, eretti per la gloria di chi si è immolato per la Patria ed affinchè nessuno possa mai dimenticare. Sono trascorsi 100 anni dall’inizio di quella tremenda guerra! I protagonisti di quegli eventi che sono riusciti a fare ritorno alle proprie famiglie, per le leggi naturali della vita, non sono più con noi, non possono rispondere “presente, io c’ero, io ho visto”. Noi dobbiamo dire “grazie”  a tutti quei ragazzi che si sono fermati lassù. Ma è proprio così? Nella nostra vita, in tutta coscienza, abbiamo mai rivolto loro un fugace pensiero? Eppure quasi tutte le famiglie italiane hanno portato e portano anche se adistanza di tanti anni un lutto per la perdita di qualche caro nelle alterne vicende di quella estenuante guerra. Mio nonno, bersagliere, e chi scrive è un bersagliere, è sì ritornato vivo a casa sua ma mutilato nel fisico, avendo riportato la perdita di un occhio nei combattimenti sul San Michele(Gorizia). Presi dalla routine della quotidianità, dagli affanni e dalle preoccupazioni che ci attanagliano ogni giorno, siamo portati a non ricordare ma le loro vocidevono servire come spunto di riflessione che certamente aiutano a comprendere e ci auguriamo possano servire ad “unire”.

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