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Durante gli oltre vent’anni della sue detenzione, Bilancia aveva conseguito un diploma in ragioneria e una laurea in Progettazione e gestione del turismo culturale, poi, il 16 dicembre del 2020, nel carcere Due Palazzi di Padova, ove era recluso, dopo essere passato per il carcere di Marassi e di Chiavari, il COVID-19, se lo è portato via mettendo fine alla sua inutile vita e forse una volta tanto, facendo una sorta di giustizia tra le tante brave ed oneste persone strappate precocemente alla vita ed ad i loro affetti, da questa tremenda malattia e forse nessuno, ne sentirà la sua mancanza.

In un’intervista rilasciata in carcere a Paolo Bonolis, che all’epoca conduceva il programma “Domenica In”, Bilancia, si dichiarò ateo, affermando di meritare la condanna a morte. Al contrario di quanto detto al presentatore televisivo, prima della morte, in un netto cambio di pensiero, disse al suo confessore, Don Marco Pozza: “Andrò all’inferno, ma prego Dio di darmi un attimo per passare dalle vittime e chiedere loro scusa”.

Bene, come sempre, dopo le premesse e la storia, eccoci alle conclusioni ed in questo caso, alla non facile redazione, del criminal profiling del serial killer Donato Bilancia.

Non si può certo dire che in lui, fosse mancata la così detta indole criminale, a prescindere da qualsivoglia giustificazione si voglia dare al suo agire, tentando anche di addebitarla alle difficoltà, alle umiliazioni ed alle vessazioni subite nell’infanzia. Come ho avuto modo di osservare più volte, seppur taluni individui hanno subito sofferenze varie nella loro infanzia ed adolescenza, in età adulta, queste stesse persone non hanno poi sviluppato alcuna tendenza criminale, mantenendo comportamenti consoni al civico vivere, distinguendosi in taluni casi e riuscendo a conquistare anche posizioni ambite ed invidiabili nell’ambito della società.

Bilancia, ha invece dimostrato da subito, già dalla sua giovanissima età, di prediligere la devianza, l’illecito, mettendo subito da parte lo studio, dandosi dapprima ai piccoli furti, per poi dedicarsi alle rapine, perfezionando sempre più la sua “professione”, sino al cambiamento estremo, che lo ha trasformato in un crudele uccisore seriale.

Rocambolesco, impulsivo ed imprevedibile nel suo agire frenetico, che lo ha condotto ad uccidere serialmente, in modo molto variegato e se vogliamo discontinuo, distinte categorie di persone e per motivazioni apparentemente diverse ed è proprio per questo, che il suo profilo psicologico risulta molto difficile da collocare, nella dicotomia serial killer organizzato/disorganizzato, tanto che lo definirei una sorta di “misto”.

Infatti, per alcuni aspetti, prima di uccidere, effettuava dei sopralluoghi nei luoghi frequentati dalle sue vittime, che seppur rapidi e più o meno accurati, gli consentivano di comprendere, almeno sommariamente, i loro movimenti e colpire al momento ritenuto più opportuno e per questo meno rischioso, asportando dalla scena del crimine dopo le uccisioni, giacconi, asciugamani e tutti gli arnesi utilizzati per commetterli. Per gli altri aspetti, come quello degli omicidi delle donne sul treno o dell’uccisione decisa all’improvviso mentre guardava la TV, ma anche nella circostanza in cui, irritato, ha perso calma e lucidità, dimostrano la mancanza assoluta di qualsivoglia preparazione e premeditazione dei crimini stessi, ed altrettanta assoluta improvvisazione e mancanza di metodicità, che in questo secondo caso, farebbero collocare il Bilancia, tra il genere di serial killer disorganizzati, dimostrato questo, anche dalla superficialità nel ripulire le scene del crimine, nonché da altri indizi lasciati, che hanno consentito la sua cattura, dopo un periodo di attività della sua carriera di omicida seriale, tutto sommato da ritenersi abbastanza breve, circa un anno e mezzo.

Motivazioni diverse invece, possono aver spinto l’agire di Donato Bilancia.

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