Nello scorso settembre l’avvocato Ezio Calderai aveva presentato un esposto per denunciare “un anomalo andamento della spesa”.
Un particolare inedito quello emerso nelle ultime ore, che rischia di fare ancora più rumore intorno alla vicenda
della clamorosa truffa ai danni della Fondazione Ca.Ri.Civ. Si è appreso infatti che nel settembre scorso, e quindi ben prima del raggiro, l’avvocato Ezio Calderai, ex socio dell’ente ed ex presidente della Cassa di Risparmio, aveva presentato un esposto al Ministero dell’Economia e delle Finanze per denunciare quello che reputava “un anomalo andamento della spesa”. L’avvocato aveva annunciato la sua intenzione di chiedere un parere al Mef nel corso dell’ultima assemblea dei soci alla quale aveva preso parte, ovvero quella svoltasi nello scorso aprile per l’approvazione del bilancio 2014. In quell’occasione Calderai aveva manifestato più di una perplessità per il  vertiginoso aumento della spesa registrato negli ultimi 7 anni, mentre oggi sottolinea che per redigere quel bilancio è stato necessario iscrivere sul conto economico i circa 4 milioni e mezzo di euro rappresentati dall’anticipo della
plusvalenza realizzata con la vendita delle azioni della Fondazione a Banca Intesa. “Se non si fosse ricorsi a questo espediente – spiega l’avvocato Calderai – la Fondazione sarebbe andata in rosso”. Una conseguenza logica, secondo l’ex presidente della Cassa di Risparmio, quando si aumenta senza controllo la spesa. In particolare Calderai punta il dito contro le spese di funzionamento dell’ente, che stando all’avvocato nel 2014 sono state di circa 2 milioni e 400mila euro a fronte di poco più di un milione di euro di proventi. “Di questi soldi – prosegue Calderai – un milione e 200mila euro sono stati destinati alle erogazioni per compiti di istituto, quali ad esempio educazione e sanità”. Per l’ex presidente della Cassa di Risparmio le difficoltà economiche della Fondazione vengono da lontano e precisamente dal 2010, quando l’ente prese la decisione di procedere all’acquisto di un’emittente televisiva  attraverso la creazione della società strumentale Mecenate s.r.l. “Un’operazione – sottolinea Calderai – costata complessivamente circa un milione e 200mila euro, con la televisione che nel 2014, al suo primo anno di esercizio, ha generato perdite per più di 800mila euro. Ecco perché – aggiunge facendo riferimento alla vicenda maxitruffa
– l’investimento sbagliato è rilevante ma, nella speranza che le somme rientrino completamente, a preoccupare
dovrebbe essere la spesa corrente”. In primis la scelta di assicurare l’operazione presso una società che in realtà
si occuperebbe di polizze vita. “Come potrebbe una società di questo tipo coprire un’operazione bancaria?” chiede
Calderai, che giudica l’investimento quantomeno azzardato e sottolinea che probabilmente sarebbe stato più
prudente guadagnare meno ma avere la garanzia assoluta di non dispersione dell’investimento. “Il fatto da considerare – puntualizza l’avvocato – è che a causa dell’aumento vertiginoso della spesa corrente, i nostri amministratori sono stati presi da quella che si potrebbe definire ‘ansia da prestazione’ e hanno fatto dunque ricorso
ad un’azione sconsiderata, visto che oggi sul mercato nessun operatore finanziario afidabile offre un tasso
d’interesse al 6,5%”. Dubbi che ora dovrà probabilmente fugare il Ministero dell’Economia e delle Finanze, organo deputato al controllo delle fondazioni bancarie e a cui l’avvocato Calderai, proprio in merito ai recenti sviluppi, ha inviato un sollecito, elencando nuovamente tutte quelle da lui giudicate come anomalie (quali l’acquisto di 9 appartamenti per 3 milioni di euro da parte della Fondazione, la gestione di una scuola materna e gli interventi sull’Università). “Non entro nel merito della questione – prosegue Calderai – ma il ragionamento da fare è che gli interessi della Fondazione sono quasi pubblici, visto che prima della riforma bancaria la Cassa di Risparmio era un’istituzione di diritto pubblico, ma anche dopo essere diventata una S.p.a. il suo patrimonio è sempre stato costituito dal risparmio fatto da generazioni di civitavecchiesi e non dal 1847”.

 

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