Fa discutere la raffica di cartelle inviate per conto del Comune ad esercizi commerciali “colpevoli” di pubblicizzare se stessi.
Un esercito in incognito sguinzagliato per le vie della città a scovare gli evasori. Un qualcosa che ricorda tuttavia non un Paese civile, ma le pagine con cui Aleksandr Solzenicyn descriveva la vita sotto il tallone di ferro dell’Unione sovietica.
Ciò che sta avvenendo a Civitavecchia in tema di affissioni ed esposizioni di pubblicità merita pertanto un minimo di attenzione,
non fosse altro perché fotografa con impressionante (è proprio il caso di dirlo) realismo lo stato dei rapporti tra istituzioni e cittadini. E il dato dal quale partire è come sempre quello delle carte: decine e decine di esercizi commerciali, ma anche in
qualche caso semplici residenti, si ritrova infatti con una cartella di pagamento in scadenza il 30 aprile. Motivo: hanno esposto “pubblicità”. Fosse un’offerta per la colazione al bar, la proposta di vendita o affitto di un locale, il più classico dei manifesti,
non sono insomma pochi coloro che sono incorsi nella tagliola caricata dal Comune.
Che però, in perfetto stile “lancio il sasso e nascondo la mano”, ha mandato quella che può tranquillamente essere definita una società di recupero crediti a vestire i panni dello sceriffo di Nottingham. Dicono dal Pincio: noi combattiamo l’evasione.
C’è insomma quello humus della “onestà” e “legalità”, il brodo di coltura (o di giuggiole…) nel quale nasce e si alimenta il grillinismo da quattro soldi, tutti da far versare (va da sé) al contribuente, possibilmente con gli interessi. E vada: bravi,
bravissimi questi azzeccagarbugli al soldo del sindaco Antonio Cozzolino nello scovare delibere, determine e norme vecchie di decenni per sanzionare il barbiere che espone il calendario con la dicitura di un’attività commerciale senza versare l’annessa imposta. Una “barbarie” contro la quale i gendarmi dell’amministrazione si sono schierati in massa, con grande dispendio
di energie e, si capisce, solo nell’interesse del decoro, mica alla ricerca di spiccioli da rastrellare nelle tasche di coloro che si
ostinano a restare nella gabbia di matti che è diventato fare impresa in questa città.
Ma legalità ed onestà sarebbe il caso di onorarle anche quando, e questo giornale lo ha ricordato recentemente, è il Comune ad
ignorarle e calpestarle. Non perché espone un cartello “affittasi” o perché mette un gazebo per premiare gli sportivi e distribuire
biscottini e vin brulè (gli amici di Civitavecchia C’è, multati la notte delle pastorelle), ma consentendo che negli spazi come la Marina, dove per regolamento si dovrebbero tenere solo fiera di Santa Fermina e eventi per il Ferragosto, si piazzino
stabilmente per intere stagioni mercatini e simili. Magari con gli “espositori”, tutti forestieri, assai abili e per niente sanzionati
nel vendere merci che non si possono vendere: come le cover per cellulari espressamente vietate nel recente mercatino di Natale e regolarmente in vendita, peraltro sulla prima bancarella che si incontrava provenendo da Palazzo del Pincio.
Palazzo nel quale abita, fortunatamente pro tempore, chi ha un’idea di città un po’ particolare: serrande tutte abbassate, senza cartelli“vendesi” o “affittasi”, ma tutti sorridenti a girare per bancarelle con sempre le solite mercanzie.

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