COS’È IL DESIDERIO. di Alessandro Spampinato (2^ parte)

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Uno stimolo per noi interessante raggiunge i nostri cinque sensi: l’odore dolce che esce da una pasticceria, una bella persona che attraversa la strada, una bella macchina su un cartellone pubblicitario, un nuovo modello di cellulare ecc., e subito si crea una sensazione, un’emozione o un sentimento perché questa impressione sensoriale nella nostra mente ha generato immagini o veri e propri film di successo, piacere e godimento. Queste immagini con sensazioni annesse fanno sì che noi sperimentiamo al nostro interno l’oggetto e la soddisfazione di possederlo e la conseguente sensazione di smarrimento, attesa e brama di ri-averlo, questa volta nella realtà. Il desiderio è il frutto di un precedente lavoro mentale che ha prodotto in noi una brama perché nella nostra immaginazione creativa mentale abbiamo fatto l’esperienza positiva e gratificante dell’oggetto in questione. A questo punto la nostra attenzione è rapita al raggiungimento dello scopo per sentirci bene e appagati come abbiamo sperimentato e quindi diventiamo dipendenti dall’oggetto del nostro stesso desiderio mentale. Penso che la maggior parte dei nostri bisogni e desideri siano creati dalla cultura e dal mondo in cui viviamo, visto che cibo, sesso e contatti sociali non mancano nella vita di quasi nessuno. Il capitalismo ha compreso bene il meccanismo e ha messo sul mercato modelli, oggetti, schemi, valori, ambizioni di cui tutti potremmo facilmente fare a meno, ma non essendo consapevoli e avendo la volontà sopita e drogata dal rumore e dalla paura indotta non ci ribelliamo e dipendiamo da tutto, in particolar modo dalla tecnologia. Per questo pur non avendo essenzialmente bisogno di niente, invece, ci sembra di avere bisogno di tutto perché ci manca sempre qualcosa e conseguentemente non siamo mai felici né soddisfatti. A mio parere la tradizione mistica orientale ha ragione nel dire che il desiderio é “causa della sofferenza”. La consapevolezza dei nostri processi mentali e il ritorno alla semplicità e alla naturalezza delle nostre esperienze esistenziali sono la chiave per essere felici e non schiavi e dipendenti dagli oggetti e tanto meno dalle persone.

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