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Il Comitato 10 Febbraio di Viterbo ha celebrato ieri, giovedì 8 febbraio 2018, a Vetralla, il Giorno del Ricordo, istituito con Legge 30 marzo 2004 n.92, in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale. La manifestazione é stata resa possibile grazie all’impegno del vetrallese Claudio Bartolucci.

L’intensa giornata vetrallese é iniziata la mattina con  due lezioni tenute agli alunni della scuola media “Andrea Scriattoli”, ai quali, con l’aiuto di diapositive, é stata illustrata la vita e la terribile morte di Norma Cossetto, giovane martire istriana violentata e gettata in una foiba dagli aguzzini comunisti slavi.

Il dirigente nazionale del Comitato 10 Febbraio Silvano Olmi, il presidente della sezione viterbese dello stesso sodalizio Maurizio Federici, il giornalista Federico Gennaccari e la professoressa Mirella Tribioli, si sono alternati al microfono spiegando ai ragazzi la storia delle foibe e dell’esodo di 350mila italiani dal confine orientale d’Italia. “Ho trovato alunni attenti, desiderosi di sapere – ha detto Olmi – alcune ragazze erano visibilmente emozionate dopo aver appreso la fine di Norma Cossetto, violentata e gettata in una foiba e di Luciano Lupattelli, carabiniere di Vetralla, ucciso e infoibato perché testimone scomodo della soppressione del suo commilitone Gastone Englaro. Ringraziamo la dirigente scolastica Elisa Maria Aquilani e i professori per averci ospitati.”

Nel pomeriggio, alla presenza delle associazioni d’arma e della medaglia d’argento al valor militare Giampiero Monti, é stata deposta una corona davanti alla targa della strada di Vetralla intitolata ai Martiri delle Foibe.  A seguire, nella sala consiliare del Comune si è tenuta una conferenza di carattere storico, alla presenza di un attento pubblico e del sindaco Francesco Coppari.

“Le foibe – ha spiegato Olmi – erano profondi crepacci dove, dopo l’8 settembre, e poi alla fine della guerra e oltre, i partigiani gettavano gli Italiani. I morituri erano legati con del fil di ferro e portati sull’orlo della foiba. Il boia di turno sparava al primo della fila, che era il più fortunato perché moriva subito, e gli altri erano trascinati giù nell’orrendo precipizio. Parliamo di questi eventi con rigore storico, senza astio – ha detto Olmi – quando si parla di morti non bisogna fare speculazioni. Dal buio delle foibe si alza un grido: viva l’Italia, viva la pace.”

Infine, Olmi ha chiesto al sindaco Francesco Coppari di valutare la possibilità di intitolare una via di Vetralla al carabiniere Luciano Lupattelli. “Come amministrazione ci attrezzeremo per celebrare questa figura, che non conoscevo – ha risposto il primo cittadino – ricordo anche chi dovette scappare dalle terre natali, tra i quali Giuseppe Flais, un profugo istriano che proprio qui a Vetralla ha trovato una nuova vita, un tessuto sociale che l’ha accolto bene.”

Ricco di particolari l’intervento di Maurizio Federici. “I partigiani slavi chiedevano agli alleati di bombardare i cimiteri – ha detto – lo facevano per far sparire le lapidi dove c’erano i nomi degli italiani e con esse tutte le tracce dell’italianità. Una profuga ci ha raccontato che ancora, a distanza di tanti anni, sente il freddo della pistola che un partigiano gli puntò alla testa solo perché aveva gridato viva l’Italia. Una signora ci ha detto della madre, che non voleva lasciare la sua casa e con le mani abbracciava l’abitazione”.

Il giornalista parlamentare Federico Gennaccari ha parlato del libro “Ortodossa Fede – Lezioni dalmatiche di critica al mondo d’oggi” scritto da Secondo Raggi Karuz, assente per motivi di salute. “In Dalmazia non ci sono le foibe – ha spiegato Gennaccari – i comunisti slavi gettavano in mare gli italiani, con le mani legate e una pietra al collo. Infatti, l’Adriatico è chiamato anche la foiba blu”.

La conferenza è stata chiusa dalla professoressa Mirella Tribioli, insegnante di storia. “Il giorno del ricordo ha un valore aggiunto – ha detto – ricordo significa tornare indietro con il cuore. Sono ciociara ma ho sposato idealmente la causa degli italiani dell’Istria e della Dalmazia, perché é gente di uno spessore e di una dignità incredibile. Manteniamo i rapporti con le scuole italiane nella ex-jugoslavia, perché di là ancora ci sono comunità che parlano la nostra lingua”.

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