Assassini seriali. Milena Quaglini (5^ parte)

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Debbo dire che l’analisi delle vicende che riguardano la Quaglini, non mi è così facile come può sembrare. Sto terminando questo mio lavoro e penso a ieri, che era il giorno 25 novembre, giorno in cui cadeva la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”. Giorno in cui, a differenza degli anni passati, nei quali ho partecipato a vari convegni, ho deciso di non intervenire di proposito sull’argomento, in quanto, per un giorno se ne parla, tutti se ne fanno una bocca grande così, ma il dato di fatto è che le donne continuano a perire o ad essere violentate, per mano di un uomo, con un trend che sembra tutt’altro che arrestarsi o comunque diminuire. Con leggi che dimostrano di essere inefficaci, che prevedono provvedimenti come l’allontanamento, che, come nel recente caso dell’uccisione del bimbo di 10 anni di Vetralla, da parte del padre, servono praticamente a nulla. Allora, collegando la vita di Milena Quaglini, alla sofferenza di tante donne, viene davvero da chiedersi cosa sia più giusto: in fondo, Milena ha solo tolto di torno tre criminali.

A tal proposito, appare utile citare la recentissima sentenza della Corte d’Assise, che con il suo verdetto, ha assolto Alex Pompa, il ragazzo di venti anni, che aveva ucciso il padre con 34 coltellate, per difendere la madre che dall’uomo veniva umiliata ed aggredita ogni giorno, rendendo la loro vita un inferno.

Ma, veniamo alle conclusioni ed all’analisi delle vicende commesse dal serial killer in esame, anche se debbo confessare, mi rimane assai difficile apostrofare l’immagine di questa donna, con questa definizione.

Si può dire di lei, che il suo modus operandi, in un primo momento, apparentemente disordinato ed improvvisato, si è a mano a mano, modificato, portandola ad una migliore organizzazione delle sue uccisioni. Organizzazione, con la quale cerca in un qualche modo, con apparente lucidità, di occultare le prove, tentando anche, seppur con semplicità, di depistare le indagini, come nel caso dell’uccisione del Dalla Pozza, riuscendo a farlo passare per un evento accidentale, confessando solo successivamente le sue responsabilità, in un momento in cui probabilmente era riuscita a riprendere il controllo della sua autostima.

Il suo agire, in apparenza parrebbe rientrare nella categoria delle così dette “vedove nere”. Donne che dopo aver sposato uomini ricchi, poi li uccidono, simulando incidenti domestici o avvelenandoli, con lo scopo di appropriarsi dei loro beni.

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