(continua dall’edizione precedente)

Nella sua lunga serie di ringraziamenti, non dimentica anche ai due rappresentanti della pubblica accusa: “Con la loro profonda convinzione della mia colpevolezza, mi hanno indotto a confrontarmi con la mia parte più oscura e cieca. Una consapevolezza così profonda, come quella che loro hanno, non deve basarsi su un pregiudizio. A questa Procura riconosco di non avere usato parole infamanti e ingiuriose nei miei confronti”.

Non mancando poi di ringraziare gli agenti della Polizia Penitenziaria: “che mi hanno accudito e fatto sentire un essere umano e non un feroce assassino; senza il loro supporto forse oggi non sarei qui”.

Terminando con il ringraziare il suo compagno di cella, Stefano Binda, assolto dall’accusa di aver ucciso Lidia Macchi: “Senza la sua arguta, talora gioiosa presenza non sarei qui. Il suo profondissimo dolore, racchiusa in una intensissima, autentica religiosità, sono stati e saranno l’altissimo esempio di come si debba vivere per gli altri, pur nella condizione di più estremo pericolo”.

L’avvocato Ennio Buffoli, commenta la sentenza, pur dichiarando di rispettarla e  che l’impostazione dell’accusa ha tenuto, affermando tuttavia di volere far valere le ragioni del suo assistito in appello, riferendosi soprattutto al come sia mai possibile, il  riconoscimento o meno, della volontarietà negli omicidi commessi in campo sanitario.

Perplessità invece tra i parenti delle vittime, i quali affermano che non sarebbero stati tutti malati terminali, come nel caso di Angelo Lauria, che arrivò nel reparto del Cazzaniga, solo per degli esami clinici. Tanto che la figlia della vittima, Loredana Lauria, avrebbe dichiarato: “Non abbiamo mai creduto al fatto che abbia accompagnato a una morte dignitosa i suoi pazienti”. Mentre la sorella di Massimo Guerra, Gabriella, avrebbe dichiarato: “quello che mi fa stare più male è che non ha mai dimostrato il minimo dispiacere per le persone che sono morte”.

Insomma, una storia dei giorni nostri e che fa molto pensare.

E’ noto a tutti che oramai da tempo è molto vivace il dibattito sull’eutanasia, ma è anche altrettanto noto che attualmente in Italia, la legge non consente tale pratica e che comunque a tal proposito, qualora divenisse legittima, il paziente dovrebbe essere consenziente e dimostrare chiaramente la sua volontà di porre termine alla sua vita mediante l’utilizzo e la somministrazione di particolari sostanze, scegliendo liberamente in caso di malattia terminale.

A questo punto però, sorge un altro problema non certo di poco conto, quello relativo al rispetto del Giuramento di Ippocrate, che è prestato da tutti i medici chirurghi prima dell’inizio della loro professione, di cui riporto alcuni punti salienti: …omisiss…Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo…omisiss…; …omisiss…In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l’altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi…omisiss…

E poi, ci sono medici obiettori di coscienza o che per motivi religiosi, non saranno mai disposti a praticare l’eutanasia.

(continua nella prossima edizione)

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