(continua dall’edizione precedente)

In effetti, quel giorno stesso, la povera donna, rimase vittima dei fendenti della scure brandita da Leonarda, la quale, trascinò di peso il suo corpo inerme in un ripostiglio della casa, sezionandolo e lasciandone colare il sangue in una bacinella, poi essiccato ed utilizzato per confezionare dolci.

In proposito a questo primo omicidio, ebbe poi a scrivere nelle sue allucinanti memorie:

“Gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica, che avevo comperato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno, lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, e mescolai il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe e io”.

Non passò molto tempo, quando fu la volta della seconda vittima, tale Francesca Soavi. Questa volta, tratta in inganno dalla promessa, non di un matrimonio, ma bensì di un nuovo lavoro in luogo diverso da Correggio e più esattamente, presso un collegio femminile di Piacenza.

Era il 5 settembre del 1940, quando la Soavi, prima di partire, si portò a casa dell’amica per salutarla. Stesso copione: Leonarda, la convinse a scrivere le solite lettere di commiato ai suoi amici, per poi entrare nuovamente in azione con la sua ascia, avventandosi sulla Soavi, uccidendola barbaramente e selvaggiamente.

Mentre subito dopo, ancora una volta il figlio Giuseppe, si recò a Piacenza per spedire le solite lettere di rassicurazione gli amici di Francesca Soavi, precedentemente scritte, alla quale l’assassina aveva intanto sottratto 3.000 lire, per poi vendere tutti i suoi beni mobili ed immobili, con la scusa di aver ricevuto l’incarico dalla sua stessa vittima.

Venne poi la volta di Virginia Cacioppo, una cinquatatreenne, ex cantante lirica, finita in povertà. Il solito metodo. Leonarda ingannò nuovamente anche questa donna, proponendole un incarico a Firenze come segretaria di un impresario teatrale.

La donna, non indugiò più di tanto, anzi, il suo cuore inizio a correre velocemente, aprendosi di nuova speranza, per il fatto che l’uomo, vista la sua posizione, avrebbe potuto reinserirla nell’ambiente del canto lirico.

Quindi, così come richiesto da Leonarda, il 30 settembre del 1940, la povera donna, ignara, si reca presso l’abitazione della sua assassina, andando incontro, come le precedenti donne, allo stesso genere di sorte.

La Cianciulli, nel suo lungo e delirante memoriale, ebbe a scrivere di questa vicenda:

“Finì nel pentolone, come le altre due… la sua carne era grassa e bianca, quando fu disciolta aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce”.

Tuttavia, anche in questa vicenda, come in genere accade, tutti i nodi vengono al pettine.

La cognata della Cacioppo, insospettita dell’inaspettata e quanto mai improvvisa sparizione di Virginia, nonché dal fatto che per l’ultima volta l’avesse vista entrare e mai uscire dalla casa della Cianciulli, che aveva poi messo in vendita i suoi abiti, denunciò i fatti all’allora questore di Reggio Emilia, che aprì le indagini del caso.

(continua nella prossima edizione)

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