(continua dall’edizione precedente)

Come ho sostenuto in più circostanze, i primi anni della vita, sono fondamentali nella formazione del carattere e delle scelte che un bambino, compirà poi in età adolescenziale ed adulta. Tanto che, ad esempio, se questi avrà vissuto in una famiglia in cui violenze, uso eccessivo di alcol e mancanza di empatia, erano continue e per questo ritenute un qualcosa di normale, poi nella vita adulta, è possibile siano considerate allo stesso modo, anche se non per tutti i soggetti, può essere la stessa cosa.

Come pure, potrebbe aver ulteriormente influito negativamente sul carattere di Jane, l’essere utilizzata come serva dalla signora Toppan e dalla stessa ripresa sia verbalmente e punita anche fisicamente, in più occasioni.

Nella dicotomia serial killer organizzato/disorganizzato, ritengo che Jane Toppan appartenga al genere organizzato. Infatti, seppur destando alcuni sospetti, che le costarono allontanamenti vari dai luoghi di lavoro, per anni riuscì comunque a glissare i sospetti dai crimini commessi; sia le uccisioni, che gli atti di necrofilia che avrebbe compiuto sulle sue vittime, di cui se ne parla, ma dei quali non si hanno prove certe, come pure dei suoi, molteplici furti.

Indubbiamente, il suo agire, era lucido e premeditato; programmava con attenzione e  con altrettanta meticolosità, le sue azioni criminali. L’uso continuo dei veleni e delle sostanze medicamentose, richiede comunque conoscenze ed esperienza.

La reiterazione dei comportamenti uccisori, mediante l’utilizzo di veleni e medicinali, le pause di raffreddamento nel tempo, tra un’uccisione ed un’altra, gli obiettivi analoghi tra loro, quali malati o persone in genere anziane, la incardinano saldamente nel genere degli uccisori seriali.

Le motivazioni all’agire di Jane, si riconducono al genere così detto “Angeli della morte” o “Angeli della Misericordia”, che come in questo caso, agiscono in ambito medico-sanitario, ii quali, con freddezza, distacco e quindi mancanza assoluta di empatia, ritengono di avere il pieno potere della vita e della morte, dei loro pazienti, o come nel sopra citato caso di Josef Mengele, dei loro prigionieri, che divenivano, una sorta di pazienti-cavie.

Come tutti quelli considerati tali e quindi anche come Jane, gli angeli della morte, agiscono generalmente iniettando ai loro pazienti sostanze letali o comunque somministrando loro dosi massicce di medicinali. In taluni casi si dichiarano convinti di liberare le loro vittime dalle sofferenze, ma in realtà trovano il loro piacere nella gestione delle loro esistenze. A tal proposito, a prova di quest’ultimo fattore, non di rado, questo genere di criminali, agisce anche su pazienti che non sono effettivamente in pericolo di vita, o addirittura, provocando in questi, loro stessi delle crisi, per poi far vedere ai loro colleghi, di essere stati bravi a salvarli, acquisendo in questo modo, attenzione, prestigio e meriti.

Jane, conferma questa ultima caratteristica, quando avvelena sè stessa e Oramel Briham, per tentare di dimostrare di non aver avvelenato altri, e di essere comunque abile, nel disintossicare le persone.

Tuttavia, il suo agire spietato è per lei, anche fonte di piacere sessuale, nel veder soffrire e morire le sue vittime, giocando con la loro vita, mostrano assoluta mancanza di empatia, e l’appartenenza anche al genere “Edonistici” e  “Dominatori”.

I primi uccidono con lo scopo di trovare piacere, anche torturando e violentando, le loro vittime mossi da sadismo, indulgendo, come in questo caso, atti di necrofilia, che li portano al piacere sessuale.

I secondi, che sono il genere più comune di serial killer, hanno quale scopo principale, quello di esercitare potere sulle loro vittime, con lo scopo più o meno conscio, di rafforzare la stima in sé stessi, nel senso della propria forza fisica e psichica. Tale comportamento, è molto spesso esercitato in compensazione di abusi subiti nell’infanzia dall’omicida, come potrebbe essere nel caso in esame.

A conclusione della mia disamina, nelle gesta di Jane, non manca certo la motivazione che la rendono appartenente anche al genere di serial killer, definito “Vedove nere”. Soggetti questi, che vedono nel fine delle motivazioni del loro agire, quello di appropriarsi dei beni delle loro vittime. Circuendole ed abbindolandole dapprima, acquistando la loro fiducia, arrivando addirittura anche a sposarle, per poi ucciderle generalmente per mezzo di veleni o,  simulando incidenti domestici, in analogia alla femmina del famoso, ragno, dal quale prendono la definizione del nome, la quale, dopo l’accoppiamento, non di rado, non indugia a divorare il maschio.

(fine)

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