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Peraltro, il sospettato, aveva subito da giovane, due grandi traumi, il primo dovuto alla  morte per annegamento di un secondo fratello e l’altro, a seguito del tradimento della sua fidanzata, con l’altro fratello avvocato, mostrando subito dopo, alcune evidenti manifestazioni di schizofrenia, che lo portarono ad essere ricoverato in un manicomio, ove veniva curato anche mediante l’utilizzo della pratica dell’elettroshock.

Ma, siamo al colpo di scena. Mentre tutti gli indizi sembrano condurre quasi inequivocabilmente al mancato ginecologo, che viene per questo indagato, ed alla sua famiglia quale possibile complice, l’uomo muore improvvisamente di morte naturale e, gli omicidi cessano, mentre sulle indagini, che già non avevano avuto un grande seguito e per questo forse sottovalutate, cala il silenzio totale.

Nel 1996, forse troppo tardi, venne autorizzato un mandato di perquisizione presso l’abitazione dei due fratelli e, vennero ritrovati alcuni strumenti chirurgici, ma senza che fosse rinvenuto il bisturi utilizzato per scempiare le donne uccise; alla luce di ciò, il G.I.P., l’anno successivo, dispose l’archiviazione del procedimento.

Solo dopo alcuni anni, la figlia di Marina Lepre, torna a portare l’attenzione degli inquirenti su un anello portachiavi che fu ritrovato tra le dita del corpo della madre, la cui chiave però, non apre nessuna delle serrature della loro vecchia casa, mentre le serrature della casa dell’uomo che era stato sospettato, risultavano tutte sostituite, lasciando così tutti nel dubbio.

A tutt’oggi, il mistero rimane insoluto, come fosse avvolto da quelle buie notti di pioggia e l’assassino di quattro vittime accertate ed almeno altre 10 donne trucidate in quasi venti anni, non ha ancora un nome e, chissà se mai lo avrà, o magari, molto verosimilmente, è già morto da tempo, portandosi via con se tutti i segreti ed i misteri.

D’altronde, capita non di rado, quando si tratta di povere vittime, come in questo caso, donne anonime, sole ed emarginate, reclamate da nessuno, sulle cui morti, probabilmente, nessuno intende o ha grande interesse ad accendere più di tanto i riflettori dei media, come pure le istituzioni che non svolgono indagini approfondite, seguite poi, da altrettante rapide archiviazioni. Il disinteresse della popolazione locale, che, con scarsissimo senso di altruismo e  mancanza di qualsiasi empatia, ha fatto il resto, pensando solo a se stessi ed a blindare le porte e  le finestre delle loro case, un po’ come accade nei film horror, quasi come se in città, nelle notti di pioggia, girasse una sorta di fantomatico lupo mannaro o, zombie, dal quale rimanerne ben lontani.

Fu durante le riprese documentaristiche effettuate da Sky TV sul mostro di Udine nel 2019, la cui identità, come detto non è ancora certa, che sarebbero stati rinvenuti nuovi indizi che potrebbero condurre all’identità del criminale. In particolare, come poi chiarito dall’avvocato Tosel, si tratterebbe di un profilattico scartocciato contenente semiliquido biancastro rinvenuto all’interno dell’auto della Bernardo, alcuni capelli di colore bruno e uno biondo sul maglioncino riposto sopra il ripiano del sedile posteriore e infine di uno spinello recuperato dal fascicolo della Bellone.

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