Assassini seriali. Edmund Emil Kemper III (10^ parte)

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Mantenendo di fatto un discreto controllo dell’andamento delle fasi di tutte le sue azioni, occultandone le prove e seguendo l’andamento delle indagini, sia tramite gli amici poliziotti che per mezzo dei comuni organi d’informazione, mantenendo una vita sociale, a parte quella familiare, tutto sommato buona, in considerazione della amicizie che aveva, compresa quella con il capo della polizia e la di lui figlia, ma anche con i ragazzi ai quali dava passaggi in auto, che con la sua eloquenza, riusciva a tranquillizzare ed a mettere a loro agio in pochi momenti, dimostrando apparente empatia.

Le motivazioni dell’agire di Kemper, come ipotizzato durante il mio trattato, oltre che da una possibile indubbia indole criminale e presenza di disturbi psichici, derivano sicuramente dal vissuto negativo della sua prima infanzia, anche se ho già avuto modo di osservare, che in circostanze analoghe, altri soggetti, non hanno poi sviluppato nella vita adulta, alcuna pulsione criminale, vivendo di fatto una vita più che normale.

Ed è proprio a questo punto, che troviamo in Edmund quella che ritengo la motivazione primaria del suo agire, l’appartenenza al così detto genere dei dominatori. E’ considerato il tipo più comune tra i serial killer, che ha quale scopo prioritario quello di esercitare il suo potere sulle vittime, che più o meno consciamente, lo porta a compensare gli abusi subiti dall’omicida, sia nella sua infanzia che nell’età adulta, ricevendone in questo modo il rafforzamento della propria stima, sia fisica che mentale.

A tal proposito, ho ritrovato tale motivazione in molti altri serial killer, tra i quali, uno in particolare che pure è stato oggetto dei miei studi, Josef Mengele, che nel campo di concentramento di Auschwitz, si rese responsabile di migliaia di orrendi e spietati crimini. Ebbene, anch’esso, seppur vissuto in una famiglia con genitori con valori apparentemente diversi ed una famiglia che si può definire unita, da bambino soffriva della mancanza della loro attenzione, nonostante facesse di tutto per tentare di conquistarla e malgrado fosse stato un bambino studioso, educato e con un buon comportamento. Non di minore importanza, era la altrettanto particolare rigidità, nei confronti di Josef, dimostrata dai suoi genitori.

L’agire di Edmund si riconduce inoltre al tipo di serial killer definito edonistico, il quale trova piacere nel torturare e nell’uccidere le sue vittime, mosso da sadismo, compiendo sui loro corpi anche atti di necrofilia e cannibalismo, proprio come nel caso in esame. Ciò anche nel ritrovare in tali azioni, una sorta di piacere sessuale, che come nel caso in studio, probabilmente Kemper non era capace diversamente di percepire ed ottenere, così come confermato dalle sue stesse dichiarazioni agli inquirenti e durante le fasi dibattimentali del processo, riferite alle ragazze uccise, delle quali questa ritengo sia una delle più evidenti atte a confermare questo genere di appartenenza: “Vive, erano lontane, distaccate. Io cercavo di stabilire un rapporto con loro. Quando le uccidevo, pensavo soltanto che sarebbero diventate mie.”

(fine)