La mia  curiosità relativamente all’esistenza dei serial killer già nel lontano passato, almeno prima del ‘900, quando fu coniata questa definizione, continua incessante ed addirittura in questo caso, il salto indietro nel tempo è alquanto notevole, come pure la lontananza del paese in cui le vicende si sono verificate.

Dalle poche notizie racimolate qua e la, tramandate di padre in figlio, e soprattutto pervenute dallo storico cinese Sima Qian, nonché, sempre tra storia e leggenda, raggiungiamo per questo gli anni compresi tra il 184 e il 105 a.c., alla scoperta di quello che è stato considerato  il secondo serial killer della storia: il Principe Liu Pengli.

Era un nobile, appartenente alla dinastia cinese degli Han, nipote dell’imperatore Wen Han e cugino dell’imperatore Jing Han.

I primi criminali seriali che si ricordano, anche se a mio modesto parere, con estrema certezza nel passato molti altri ve ne sono stati, si riconducono alle così dette “avvelenatrici di Roma”, che avrebbero agito nel 331 a.c. sotto il consolato di Marco Claudio Marcello; un gruppo di donne, sul quale mi riservo di effettuare le ricerche possibili, anche se su di esse, le informazioni disponibili sembra siano davvero molto scarse.

A poco meno di trenta anni dall’istituzione del suo regno, Liu Pengli, alla guida di un manipolo di schiavi, iniziò a razziare i suoi sudditi, facendo suoi anche tutti i loro possedimenti.

Si racconta che molte sarebbero state le vittime dei vili e crudelissimi attacchi da parte di questo piccolo esercito. In proposito, si dice che siano state almeno cento le persone barbaramente e selvaggiamente trucidate. Tuttavia, come sempre in queste circostanze e soprattutto in quelle epoche, dove anche l’ultimo dei nobili, aveva potere di vita e di morte sulle sue genti, nessuno aveva il coraggio di parlare e tentare di contrastare il potente del momento, tanto che dalla paura, sembra addirittura, che nessuno volesse uscire dalla propria abitazione, soprattutto nel buio, quando le imboscate e le aggressioni erano sempre pronte dietro ogni angolo del villaggio.

Si dice che solo dopo tante angherie, nel 115 a.c., Liu Pengli venne denunciato all’imperatore Jing Han dal parente di una delle sue vittime, il quale trovò il non facile coraggio di raccontare allo stesso regnante gli atroci, quanto mai crudeli crimini commessi. Liu, fu subito processato e per questo, la corte suprema, composta da ufficiali, sentenziò la sua condanna a morte, che però non venne mai eseguita poiché si narra che l’imperatore, non avesse accettato il pensiero di dover uccidere proprio un suo cugino, punendolo comunque, togliendogli ogni titolo e privilegio nobiliare, nonché i suoi possedimenti, che vennero acquisiti dallo stesso monarca.

Ora, nell’approssimarmi alla conclusione di questa breve e lontanissima efferata storia criminale, affinché non rimanga solo una delle tante tristi storie, effettuerò un rapido esame delle motivazioni che possono aver indotto Liu Pengli, al suo comportamento estremamente violento e che lo portò a mietere decine e decine di vittime.

Posso sicuramente affermare, che il serial killer in esame, è stato motivato da più ragioni. Quelle edonistiche, in quanto posso ipotizzare che Liu Pengli, agiva uccidendo con il sicuro scopo di provare piacere ed appagazione, “cacciando” letteralmente le sue vittime facendo loro la “posta”, come detto specie in orario notturno; quelle di dominare i suoi sudditi, incutendo terrore ed esercitando così potere sulle sue vittime, con il fine di rafforzare la stima in sé stesso, in particolare quella sulla propria forza fisica e psicologica. Quest’ultimo comportamento, può di solito derivare, consciamente, o inconsciamente, dalla compensazione di abusi subiti dall’omicida soprattutto nella sua infanzia, ma in questo caso, come detto, data la scarsità delle notizie in mio possesso, non è dato sapere se il criminale nel suo passato, abbia subito eventuali violenze.

Un’altra ragione che potrebbe aver motivato le azioni del nobile Liu Pengli, se ancora così si può considerare, potrebbe ritrovarsi nel guadagno. Razziando e saccheggiando la sua popolazione, è naturale pensare, che ne traeva anche vantaggi materiali e patrimoniali, innalzando ancora di più il suo potere nei confronti di un popolo, in genere composto da umili contadini, che già di per se avevano difficoltà nelle modestissime economie delle loro famiglie e nella loro vita quotidiana.

Altre motivazioni dell’agire del principe Liu, potrebbero essere ricercate, così come accaduto in molti altri casi di criminali seriali vissuti in epoche più recenti, anche nella presenza di possibili disturbi mentali, come ad esempio deliri paranoidi o patologie di altro genere e di diversa gravità, a  cui oggi, è ovvio, non è certamente possibile risalire ed attribuire il suo agire.

Civitavecchia lì, 26.06.2018

Dr. Remo Fontana

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