basket carrozzina

Lo sport fa bene a tutti. Anche – e forse soprattutto – se si è bambini con delle disabilità: si può fare e fa bene. Lo ha ribadito il dott. Enrico Castelli, responsabile dell’Unità operativa di Neuroriabilitazione e UDGEE, in due incontri a Santa Marinella e Palidoro con bambini in cura presso le due strutture del Bambino Gesù e i loro genitori. È stata l’occasione per presentare il progetto “Basket in carrozzina” dell’Associazione sportiva dilettantistica “Giovani e tenaci”, attiva sul territorio di Roma e Lazio, con l’obiettivo di coinvolgere ragazzi e ragazze portatori di disabilità nelle discipline sportive attraverso la partecipazione anche ad attività agonistiche. Responsabile dell’associazione è Carlo Di Giusto, coach della nazionale italiana di pallacanestro in carrozzina (Fipic). Da atleta, con la sua squadra della Fondazione Santa Lucia di Roma, ha vinto 20 titoli italiani, 10 Coppe Italia, 3 supercoppe, 3 Coppe dei Campioni e 3 Vergauwen Cup.on di basket in carrozzina. Una storia di sfide superate iniziata con un bambino reso invalido dalla poliomielite che veniva lasciato solo in classe quando i suoi compagni di scuola andavano in palestra per l’ora di educazione fisica.
Lo sport – ha spiegato il coach – non è l’agonismo esasperato a cui siamo abituati a pensare, ma è inclusione, aggregazione, stare insieme anche se c’è un’autonomia ridottissima. Oggi in nazionale ci sono campioni di basket che non hanno le dita o possono usare solo il braccio sinistro”. Alcuni “Giovani e tenaci” – Matteo Gabotti, il capitano della squadra, Sara Vergetto (ragazzi e ragazze giocano insieme), Marco Ferraro e Alessandro Boria – improvvisano qualche tiro per dare una dimostrazione. Quest’anno hanno girato l’Italia per il campionato e sono felici dell’esperienza anche se non hanno vinto nemmeno una partita. E se i figli sono contenti, lo sono anche i loro genitori che, allenamento dopo allenamento, hanno imparato la felice “normalità” di avere altri argomenti di conversazione che non siano ricoveri o terapie, oltre all’importanza di poter condividere la propria esperienza con altri genitori. Non c’è solo il basket. Le discipline sportive per i disabili vanno sempre più moltiplicandosi: sitting volley, curling, vela, calcio per i ciechi. L’obiettivo non è integrare la terapia ma proprio giocare e magari vincere. L’attività sportiva aumenta l’autostima e la fiducia in se stessi dei ragazzi. A Palidoro mancano oggi strumenti come una vasca riabilitativa o un campo di basket all’aperto per iniziare delle attività che completino il “pacchetto” riabilitativo. Spazio, quindi, alle associazioni che possono aiutare le famiglie ad orientarsi sul territorio o rispetto alle regioni di provenienza e magari ad uscire dall’isolamento in cui spesso sembrano destinate a chiudersi.

(Fonte e Foto: bambinogesù.it)

 

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