L’analisi del voto dell’ex deputato: “Il Pd riparta dalle persone”.

“È stata una campagna elettorale molto difficile. Sapevamo bene che le condizioni di partenza e il clima generale del Paese non erano favorevoli al Pd e alla nostra coalizione ma i risultati sono andati al di là delle nostre peggiori previsioni. Siamo di fronte a una sconfitta storica per la sinistra. E a 10 anni dalla nascita del Pd è lo stesso progetto ad essere in discussione. Lo smarrimento è comprensibile ma bisogna reagire: dobbiamo dare prova di una discussione profonda e civile, disponibili ad ascoltare tutte le opinioni, dentro e fuori il Pd. Ora i problemi non si possono più rinviare e vanno affrontati di petto consapevoli che non sono finiti o morti I valori per cui siamo nati”. Così ieri mattina Alessandro Mazzoli ha analizzato la sconfitta alla Politiche intervenendo a un’iniziativa del Pd ad Anguillara, insieme alla segretaria del circolo, Benedetta Onori, e al consigliere regionale, Emiliano Minnucci.
“Il Pd – ha ricordato – dal 2014 al 2018 ha perso la metà dei consensi. Infatti soltanto il 50% dei nostri elettori ha confermato il voto al partito, mentre il 15,6% non ha votato rifugiandosi nell’astensione e il 34,2% ha cambiato orientamento votando in prevalenza il M5S (17%), la Lega (8,5), + Europa (3,4), Leu (4). Forza Italia, che nel 2013 faceva parte del Popolo delle Libertà, è passata dal 21,6% del 2013 al 14% del 2018 perdendo anch’essa molti consensi verso Lega e M5S. M5S e Lega sono le uniche forze che accrescono notevolmente i propri consensi recuperandoli, oltre che da PD e FI, dall’area dell’astensionismo.  Il M5S recupera quasi il 20% dei propri consensi dall’astensionismo, mentre la Lega addirittura il 30%.            Questa del Pd non è una sconfitta che nasce oggi. Avremmo dovuto vedere prima e meglio i segnali evidenti che venivano dalla società. Non abbiamo voluto vedere quello che gli italiani ci hanno detto con il referendum del 2016: quello fu un voto sul paese, non sul merito della riforma. La nostra è stata un campagna elettorale in cui abbiamo parlato più del passato che del futuro. È vero, in questi anni abbiamo fatto tante cose importanti e abbiamo portato il Paese fuori dalla crisi, ma non abbiamo dimostrato di capire le situazioni di disagio che c’erano e ci sono. In Italia, solo per citare due esempi, abbiamo 3 milioni di disoccupati e milioni di persone che rinunciano alle cure mediche perché non riescono a sostenerle. Sono questioni enormi. E sono urgenze che non possono attendere. E in ogni caso bisognava e bisogna guardare in faccia questi problemi”.
“Volendo sintetizzare al massimo, la società italiana – ha continuato Mazzoli – è attraversata da due domande fondamentali: richiesta di opportunità di lavoro e di vita, ma anche sicurezza e protezione. Noi non abbiamo risposto a nessuna delle due in modo convincente. E così quello del 4 marzo è diventato un voto di protesta e di cambiamento “contro”. Abbiamo avuto ragione nel dire che gli altri cavalcavano la rabbia e la paura con proposte che non stanno in piedi, ma non siamo riusciti ad interloquire con quella rabbia e quella paura e non abbiamo risposto a quei problemi. Noi siamo stati individuati come la causa dei problemi e delle mancate risposte. E larga parte della società italiana ci ha considerato l’establishment da abbattere; il potere costituito distante dai bisogni della gente. Oggi siamo di fronte a un’ondata di nazionalismo e di protezionismo che pone una sfida importante ai partiti politici che credono ancora in un mondo più aperto e nell’integrazione tra i Paesi. È il vento di Trump e della Brexit che è arrivato prepotentemente in Italia, che si è alimentato del fenomeno delle migrazioni come argomento potente in cui far confluire la rabbia di chi sentiva di essere rimasto indietro. Si perché la ragione principale dell’avanzata dei partiti populisti e ostili agli immigrati va cercata in una rabbia più generalizzata nelle aree economicamente più depresse, nella sensazione di essere stati lasciati soli e indietro”.                                       “Noi, i democratici e i progressisti del mondo, non siamo stati in grado di governare la globalizzazione. Loro la combattono, o dicono di combatterla, e su questo hanno costruito il consenso. La frattura fondamentale ora – ha proseguito – è fra le forze che contrastano e le forze che difendono la società aperta. E poiché la società aperta, fondata sulla democrazia rappresentativa e l’economia di mercato, è un portato della nostra appartenenza al mondo occidentale, chi la contrasta deve contrastare anche quella appartenenza, deve indebolire i legami con l’Europa e con gli Stati Uniti, deve spostare progressivamente il Paese verso un’alleanza con la Russia. Questa è la portata del cambiamento”.
“Noi – ha ricordato ancora – abbiamo tentato la strada della modernizzazione dell’economia italiana tenendo fede agli impegni europei, mentre la Lega e il M5S non vogliono nemmeno sentir parlare dei parametri europei. E ora, mentre Francia e Germania si preparano a rilanciare l’Europa, l’Italia avrà un ruolo secondario nella scelta delle nuove regole e sarà relegata ai margini.                                                                                        Le risposte di Lega e M5S ai problemi del Paese sono irrealizzabili e illusorie, ma le domande della società restano, ed è da qui che dobbiamo ripartire. Ora dobbiamo pensare a noi  e a riprendere l’iniziativa politica. Governare è compito di chi ha vinto le elezioni che non ha però una maggioranza e deve trovarla intorno a un programma. Noi non saremo chiusi, tantomeno saremo sull’aventino. Noi faremo l’opposizione”.
“Per quanto riguarda le dimissioni di Renzi, dobbiamo – ha dichiarato Mazzoli – partire da un dato di fatto: lui è stato il protagonista della vittoria storica del Pd con il 40,8% e della sua sconfitta storica con il 19%. È talmente seria la situazione che l’unica cosa da fare erano le dimissioni per consentire di aprire una discussione politica libera e ricostruire il nostro essere comunità. Io  non sono per un congresso ripetizione dei precedenti perché è un meccanismo che non ci tiene più insieme. La vocazione maggioritaria è finita perché non c’è più il maggioritario. Da troppo tempo rinviamo la discussione sul partito.                   Cerchiamo di non fare, anche questa volta, l’errore che facemmo cinque anni fa. Non accorgerci che nello stesso giorno, e nello stesso momento, centinaia di migliaia di persone hanno votato M5S e Lega e contemporaneamente hanno scelto Zingaretti. Questo vale per le nostre discussioni nazionali e locali”.

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