(Prima  Parte)

Ormai da anni stiamo assistendo ad un incremento esponenziale e sempre più massiccio, di forme di commercio abusivo su aree pubbliche.
Gruppi malavitosi di vario genere e non per ultime le mafie, ma anche singoli individui, quest’ultimi affrancatisi successivamente da tali organizzazioni e finendo per essere diretti da qualche piccolo boss di zona, hanno organizzato una sorta di rete capillare, più o meno radicata su tutto il territorio nazionale.
Le organizzazioni, sono sempre molto attente a dove e quando, la vendita abusiva dei loro prodotti, può essere più proficua e redditizia, come ad esempio, l’invasione di determinati lidi balneari nel periodo estivo, o il riversarsi in una determinata città, quando in occasione di particolari ricorrenze, fiere o mercati, è prevista la partecipazione di numeri cospicui di persone.
Dopo questa breve introduzione, credo sia ora necessaria un’altrettanta sintetica disamina delle norme che hanno regolato nel passato ed attualmente, le varie forme di commercio, contestualmente all’analisi dei rapidi fenomeni di mutamento, che hanno interessato la nostra società negli ultimi decenni.
In prima analisi, l’impianto normativo che ha regolamentato nella nostra Nazione e per quasi un trentennio, il commercio in generale, è stata la Legge 11 giugno 1971, n. 426.  L’aumento del reddito nazionale dovuto al boom  economico degli anni ’60 del secolo scorso, ha fornito notevoli prospettive per colui che intendeva effettuare degli investimenti, soprattutto nel campo dei consumi, cui, a mio parere, non ha avuto seguito, un’altrettanta confacente regolamentazione del settore, anche in relazione allo spirito dell’art. 41 della Costituzione, il quale, al primo comma recita testualmente: “ L’iniziativa economica privata è libera”.
All’epoca dell’entrata in vigore della norma, non erano ancora trascorsi molti anni dal termine degli eventi bellici e dal così detto successivo, periodo della  ricostruzione che ha interessato gli anni ’50 del ‘900. Il richiamo a quei tempi, del quale i più “grandicelli” ne avranno sicuramente memoria, è unicamente per rammentare il modo in cui venivano immessi sui mercati, nuovi prodotti e come la tecnologia, di giorno in giorno, a passi da  gigante, proponeva nuove e sempre più avvincenti apparecchiature, solo qualche anno prima, forse neanche minimamente immaginabili. La radio e subito dopo la televisione, realizzati in grossi e pesanti scatoloni in legno, più o meno pregiato, facevano bella mostra di sé nelle vetrine dei negozi di elettricità e di elettrodomestici, strizzando al contempo l’occhio ai passanti, che acquistavano questi prodotti, anche per i costi non proprio esigui, molto spesso con sistemi rateali, per così dire di fiducia: sulla parola, tra il venditore ed il consumatore, che specie nei piccoli centri si conoscevano de visu. Ma, anche le prime scintillanti Lambrette e Vespe, attiravano i più abbienti, favorendo in quest’ultimo caso, la mobilità delle persone e nella prima circostanza, la comunicazione via etere e con questa anche le varie forme di pubblicità dei prodotti che stavano invadendo i mercati, raggiungendo il consumatore, sin dentro la sua abitazione, unitamente al telefono, che man, mano, diveniva dominio di ogni famiglia.

 

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