“Oggi, 4 Novembre, celebriamo la Giornata dell’Unità d’Italia e delle Forze Armate. Prima di iniziare vorrei innanzi tutto ringraziare Don Gianni e Padre Lorenzo per aver celebrato la messa con noi; ringraziare tutta la Parrocchia di Santa Maria Maggiore, le confraternite; le autorità civili, religiose e militari presenti; l’associazionismo d’arma e di volontariato; tutti i rioni; Altiero Staffa e coloro che si sono preoccupati dei preparativi della giornata di oggi; e, ovviamente, i tantissimi cittadini presenti. Ma, soprattutto, vorrei salutare e ringraziare gli alunni delle nostre scuole che oggi sono qui con noi. Perché ritengo importantissima la loro presenza.

E proprio a voi, bambini, chiedo: sapete perché siamo qui?

Siamo qui per ricordare. Per ricordare e per imparare. Non si tratta di un rito formale, di una semplice tradizione. No. Non siamo qui semplicemente per omaggiare delle persone decedute. No.

Le feste come questa vengono istituire per ricordare. Per ricordare e imparare, appunto. Perché gli uomini, nella storia, hanno commesso terribili sbagli. E per non rendere vano il sacrificio delle persone che sono morte, per non rendere vano il sacrificio dei nomi che vedete impressi su queste lapidi, dobbiamo rendere il mondo un posto migliore.

Questo è il vero motivo per cui è importante essere qui oggi.

In questi anni nella nostra comunità abbiamo cercato di promuovere i valori della pace. Lo abbiamo fatto in tanti modi, anche con delle azioni simboliche come mettere le bandiere arcobaleno sugli edifici pubblici. Lo abbiamo fatto parlando di integrazione e di accoglienza. Organizzando, ad esempio, proprio oggi, proprio il 4 novembre, la festa degli Stranieri che si terrà oggi pomeriggio in via Luni.

Spesso, non posso nasconderlo, abbiamo subito aspre critiche da parte di chi ci ha accusato di perdere tempo con questioni al di fuori dalla nostra portata. Come se la trasmissione dei valori della Resistenza, dell’Unità d’Italia e della Democrazia non interessassero il Comune di Cerveteri. Come se la pace e la guerra non riguardassero tutti noi da vicino. Come se questi giovani di Cerveteri caduti nelle due guerre mondiali non fossero un monito per le nuove generazioni. Monumenti come questi, si erigono per ricordare l’eroismo di chi ha dato la propria vita per la nostra libertà. Ma non solo: ci ricordano quanto violenta e inumana sia stata la guerra. E le voci dei ragazzi che hanno versato il proprio sangue ci gridano con tutta la forza di impegnarci perché non accada mai più.

Perché non accada mai più.

La pace, bambini, si costruisce giorno per giorno, in ogni casa, in ogni scuola, in ogni piazza. E ci riguarda tutti. Nessuno può sentirsi escluso.

Oggi, infatti, come ieri, come lo scorso anno, come due anni fa, il mondo presenta ancora gli stessi conflitti bellici. E il numero dei morti ammazzati su tutti i fronti è sempre quello. Anzi: è cresciuto enormemente. È un numero che pesa sulle nostre teste come un macigno. Un macigno su cui, di volta in volta, si posa la bandiera di qualche nazione. Quando muore un giovane militare, quando una madre, una sorella, una fidanzata, una moglie, un figlio non vedranno più tornare a casa la persona amata, abbiamo perso tutti. Di nuovo.

Non contano i colori che campeggiano sulla sua bara, nessun tricolore la potrà far pesare di più o di meno. Le immagini silenziose di quelle bare si imprimono in modo irreversibile nelle nostre menti e ci lasciano un vuoto dentro. Bob Dylan, il cantautore americano quest’anno premio Nobel per la letteratura, si chiedeva “quanti morti ci dovranno essere ancora, prima che capiremo che sono morte troppe persone”. Se lo chiedeva tanto tempo fa e oggi, ancora, dopo più di 50 anni, la risposta si perde nel vento.

È chiaro: non ci può essere Vittoria, dove scorre il sangue. Non ci può essere Vittoria, dove non esiste pace.

Le guerre a volte ci sembrano lontane. Nel tempo e nello spazio. Le sentiamo raccontare dai nostri nonni e bisnonni, le vediamo in televisione, nel telegiornale, in zone e città che hanno nomi a noi sconosciuti. Questo ci fa sentire al sicuro. E ritorniamo alla vita quotidiana, convincendoci di non poter fare niente.

Come quando pensiamo agli eroi. Li immaginiamo come appartenenti a un altro periodo, a un altro mondo. Li pensiamo lontani da noi, irraggiungibili. E questo ci mette di nuovo al riparo. In un certo senso, ci autorizza a non imitarli. Salvo d’Acquisto, a cui è intitolata una delle nostre scuole, era un ragazzo come noi. Era un uomo normale. Non aveva superpoteri. E, potete starne certi, provava la nostra stessa paura. Era solo un uomo. Un uomo che però ha avuto la forza di dare la propria vita per salvare quella degli altri.

Proprio come fanno tanti uomini e tante donne delle Forze Armate tutti i giorni.

Ho fatto le scuole elementari e medie qui, a Cerveteri. In classe con me c’erano due bambini, oggi uomini, Francesco e Roberto. Siamo rimasti amici e ancora oggi, quando è possibile, ci rivediamo per passare qualche ora insieme. Perché ve lo racconto? Perché Francesco e Roberto oggi sono nell’esercito italiano. E ci stanno con il cuore, con grande impegno e con grandissimo amore.

Spesso devono allontanarsi per molti mesi e andare nelle zone “calde”, in zone di guerra. Devono lasciare le mogli, i figli, gli amici. Devono lasciare tutte le persone care. Ma sono pronti a farlo. Per servire il proprio Paese. Lo fanno per l’Italia. Lo fanno per noi. E abbiamo il dovere di essere riconoscenti. Sempre. Grazie a Francesco, grazie a Roberto, grazie ai tanti uomini e tante donne come loro, ho capito quanto importante fossero le forze armate nella nostra nazione. Li abbiamo visti nelle in questi mesi in prima fila intervenire nelle zone colpite dal terremoto. Li vediamo presidiare le nostre strade. Li vediamo prestare soccorso ai migranti che arrivano nelle nostre coste. Sono pronti a dare una mano. Sempre. Per questo, oggi, nella Festa delle Forze Armate, vogliamo ringraziarli.

Ma oggi è anche la festa dell’Unità d’Italia. Nella nostra nazione, tutti i giorni, assistiamo a tante e nuove declinazioni della parola guerra. La guerra che fanno le tante famiglie italiane senza lavoro che non sanno come arrivare a fine mese e che sono sempre di più. La guerra che fanno i migranti che scappano dall’inferno della loro terre e trovano qui indifferenza, odio, rancore e muri. Non ci può essere Unità in una nazione in cui c’è chi vive nel lusso e chi invece deve andare tutti i giorni alla Caritas. Non ci può essere Unità d’Italia, dove non c’è amore e solidarietà.

Bambini e bambine, spesso vi diciamo che siete il nostro futuro. Quando vi diciamo questa cosa, vi stiamo dando una fregatura. Stiamo spostando a un domani ideale, temporalmente non collocato, le risposte che dovremmo darvi oggi. Vi stiamo delegando la soluzione dei problemi che noi non abbiamo saputo o voluto risolvere. Quei problemi che noi abbiamo contribuito a creare.

Voi siete il nostro presente. Siete l’oggi, non il domani. E sta a noi lavorare per darvi oggi, subito, un presente migliore. Qui, nelle nostre città, nelle nostre case, nelle nostre piazze.

L’impegno è e deve esser quotidiano. Come quello di questi militari qui presenti, come quello di Francesco e Roberto, degli uomini e delle donne impiegate in tutte le attività. Come quello di tutti gli eroi. Quegli eroi, diceva un poeta a me molto caro, tutti giovani e belli.

Viviamo una situazione difficile in questi mesi. Uno scenario duro che ci spinge a ripensare i significati di pace, unità, vittoria. Sentiamo il monito di tutti questi caduti e sentiamo che a loro dobbiamo davvero un mondo migliore. Un mondo all’altezza del sacrificio che hanno fatto.

Perché un mondo migliore è davvero possibile e la strada della pace può essere percorsa.

È con queste parole cariche di speranza che vogliamo oggi salutare e omaggiare tutte le Forze Armate. Perché dove c’è pace, dove c’è amore, solo dove c’è pace e amore, ci può essere Unità e ci può essere Vittoria.

Viva Cerveteri. Viva l’Italia”.

Alessio Pascucci, Sindaco di Cerveteri.

 

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