Fingere in amore

Nov 30, 2015

Quante volte vi è capitato di incontrare una persona affabile, sorridente, gentile, che vi apre lo sportello della macchina per farvi scendere, che vi apre la porta per farvi entrare per prime, che vi asseconda su tutto, che paga il conto al bar o al ristorante, che vi capisce e vi dà ragione?
E quante volte vi è successo di innamorarvi di un uomo così, di aver pensato fosse quello giusto, quello che aspettavate da sempre, il vostro: “Principe Azzurro?”
Ma quante volte ancora, col passare del tempo, vi siete rimangiate tutto? Quante volte avete scritto la favola della bella e la bestia al contrario? Il principe che col tempo e col vostro amore si trasforma in un animale!
L’inganno che lentamente si svela ai vostri occhi parte però da lontano, sin dall’inizio della vostra storia, sin dal primo incontro.
Il principe azzurro è un personaggio delle favole e rappresenta dei significati morali e spirituali, non è di certo un uomo in carne ed ossa. Essere gentili e affabili è buona cosa, fa parte dell’educazione. Ma nel caso di un incontro galante più che di educazione si può parlare di atteggiamenti e tecniche di seduzione e manipolazione col fine di compiacere, affascinare, catturare.
Questo vale anche per gli uomini. Spesso sento raccontare i primi incontri come qualcosa di magico, di unico, di favoloso. Lei era bellissima, sorridente, gentile, dolce, comprensiva. Ci si capiva con il solo sguardo, donna eccezionale e unica. Ma dopo un po’ di tempo lo scenario cambia e la stessa donna viene descritta come pesante, rompiscatole, petulante, noiosa, che controlla tutto, sospettosa e gelosa!

principe azzurro 2

Come abbiamo visto nei precedenti articoli queste dinamiche sono il risultato dell’azione di schemi affettivi e sociali, un gioco delle parti, ruoli agiti secondo copione. E’ come se ai primi incontri non si portasse se stessi ma dei personaggi, delle figure mitologiche o fiabesche che recitano una parte ben precisa: il seduttore, l’eroe, la vittima, la donzella rapita che va liberata uccidendo il drago, la Vergine Maria, il principe azzurro, il nobiluomo, la donna fatale, ecc. Il tempo fa da padrone e da giudice, il sipario si chiude, gli attori scendono dal palcoscenico e si ritrovano un uomo e una donna, con le loro fragilità, i loro problemi, i loro complessi e le loro paure. La magia finisce, la realtà si palesa e iniziano i conflitti, i giudizi, i tradimenti, le fughe e le bugie.
Finchè si ha vent’anni tutto questo è comprensibile e ancora accettabile. Ma con la maturità si dovrebbe manifestare l’io e non l’alter-ego. Dovrebbe essere chiaro che l’amore è comprensione, amicizia, condivisione, solidarietà, fiducia e non un bel teatrino. Dovrebbe essere altresì chiaro che l’amore è reale e non una fantasia o una proiezione mentale immaginifica. Quanto sarebbe bello incontrarsi nella verità, nella semplicità e nella genuinità delle nostre persone, amarsi nei nostri pregi e noi nostri difetti. Eppure sembra così difficile accettare l’altro e se stessi per come siamo! Spesso c’è l’esigenza di nascondersi dietro una maschera, quasi a dire: “se mi conoscesse per quello che sono veramente mi lascerebbe” o “se mi conoscesse per quello che sono perché dovrebbe innamorarsi di me?”.
E così accadono questi paradossi fondati sulla finzione. È come se qualcuno ci invitasse a cena per conoscerci e noi rispondessimo: “scusa ma stasera non me la sento di venire, però al posto mio ti mando un mio amico molto simpatico, carino e brillante con cui passare la serata…”.
Gli schemi hanno anche a che fare con la cultura e le idee collettive riguardo l’uomo e la donna. L’uomo deve essere forte, capace, sicuro, brillante e divertente. Se poi mi chiede di sposarmi allora vuol dire che mi ama. La donna deve essere fisicamente bella, dolce, amabile, delicata, casta e materna. Se mi fa sentire importante e migliore degli altri allora vuol dire che mi ama. Visti così, questi criteri di valutazione del partner, forse ci viene anche un po’ da sorridere. Ma quando ci si trova coinvolti sono proprio queste cose a farci cadere nella trappola della recita. In realtà dovremmo imparare tutti a non vederci neanche in quanto maschi e femmine ma in quanto persone!
Come disse il buon Lucio Dalla nella canzone disperato erotico stomp: “ma l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale!”

www.alessandrospampinato.it

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