Carla (nome di fantasia) è una donna ferita. E’ stata lasciata dal marito per un’altra donna più giovane di lei, che ha studiato, ha un lavoro che le piace ed è più bella. Carla è entrata in depressione, si è chiusa in se stessa e in casa e guarda dalla finestra la gente e la vita passare. Dice di aver fallito nella vita, di essersi dedicata al marito, ai figli e alla casa per avere come ricompensa l’abbandono. Anche i figli, ormai grandi, stanno per andarsene, per lavoro, a vivere in un’altra città. Carla non si piace. Un po’ l’età, un po’ le gravidanze e qualche problemino di sovrappeso la fanno sentire senza possibilità di rifarsi una vita, di avere rapporti intimi con un uomo, di essere nuovamente felice. Tutto questo non fa che riportarla continuamente indietro nel tempo, ai momenti felici della famiglia, quando era madre e moglie a tempo pieno, quando la casa era abitata e cucinava per loro. “Allora”, dice “andava tutto bene, non mi mancava niente, mi sentivo utile e protetta. Ora non c’è più nessuno, c’è silenzio in casa e per la gente sono una donna separata che è stata tradita e abbandonata!”. Così si descrive e si percepisce. Senza più un motivo per fare le cose, senza più il suo mondo e senza possibilità di riscatto per il futuro. Carla ama ancora suo marito, lo giustifica per il tradimento e l’abbandono perché lei era pesante, problematica e negativa. Dice che è sua la colpa del tradimento del marito che sente di aver già perdonato e di volergli bene. Tutte le bugie, i maltrattamenti, la mancanza di dialogo, la solitudine cui era sottoposta per il lavoro e le scappatelle del marito sono ormai vaghi ricordi, qualcosa che la fa anche un po’ sorridere. Lei lo capisce. E’ questo uno dei tanti casi di “mal d’amore”, di “troppo amore”, di “dipendenza affettiva”. Carla non si è mai stimata, non si è mai piaciuta. Ha vissuto per gli altri con la speranza di essere apprezzata almeno per questo suo sacrificio e con la paura di essere abbandonata. In psicologia, quando lo schema relazionale è disfunzionale o malato, si chiama “profezia che si auto-avvera”. Poiché temo di non piacere e che le persone conoscendomi mi abbandoneranno andrà proprio così. Come si può amare senza avere amore? Come si può donare qualcosa a qualcuno senza possederla? Come si può amare qualcuno con la paura, la sfiducia, l’ansia dell’abbandono? Forse sta proprio qui il senso del famoso comandamento: “ama il prossimo tuo come te stesso”. Il caso di Carla può aiutarci a mettere ordine nella riflessione sull’amore.

www.alessandrospampinato.com

(continua nella prossima edizione)

Alessandro Spampinato
Rubrica a cura del dott.
Alessandro Spampinato
Psicologo e cantautore

 

 

 

 

 

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