Il cancro del colon-retto è il tumore più diffuso in Italia, nel totale tra uomini e donne.
Ha origine quasi sempre da polipi adenomatosi, tumori benigni dovuti al proliferare delle cellule della mucosa intestinale, che impiegano mediamente tra i 7 e i 15 anni per trasformarsi in forme maligne.
È in questa finestra temporale che lo screening consente di fare una diagnosi precoce ed eliminare i polipi prima che abbiano acquisito caratteristiche pericolose.
I polipi, infatti, possiedono due proprietà che li rendono facili da individuare: tendono a sanguinare e sporgono dalla mucosa per cui sono visibili sulla sua superficie.
Lo screening dei carcinomi colorettali mira a identificare precocemente le forme tumorali invasive, ma anche a individuare e rimuovere possibili precursori.
Recependo le linee guida emanate dalla Commissione Oncologica Nazionale, le raccomandazioni del Ministero della Salute del 2006, il Piano Nazionale della Prevenzione e l’ultimo Piano Regionale della Prevenzione 2014-2018, lo screening è stato implementato sull’intero territorio della regione Lazio rispettando i seguenti requisiti organizzativi:
• Periodicità biennale
• Fascia di età raccomandata: 50 – 74 anni
• Test di screening: test immunochimico per la ricerca del sangue occulto fecale (SOF)
• Approfondimenti diagnostici nei soggetti positivi al test di screening: colonscopia eventualmente completata con colonscopia virtuale o clisma opaco a doppio contrasto

Entrambi i metodi, ricerca di sangue occulto nelle feci e tecniche endoscopiche, vengono impiegati nei programmi di screening. I programmi di screening si differenziano a seconda del livello di rischio di andare incontro alla malattia proprio della popolazione a cui si rivolgono.
Oltre ai programmi di screening è possibile effettuare la colonscopia in ambito ambulatoriale tramite la prescrizione del Medico curante. Questo è molto importante per i soggetti a rischio. La presenza di familiari già colpiti da tumore del colon-retto contribuisce ad aumentare il rischio di sviluppare la medesima malattia. Si chiama Familiarità ed è una semplice predisposizione, di per sé non si associa automaticamente al tumore. Il maggior rischio può essere contrastato con adeguate misure di prevenzione e con una sorveglianza più attenta e regolare. Con il termine “familiarità” s’intende l’aumento del rischio di sviluppare il tumore del colon-retto, dovuto alla presenza di familiari colpiti dalla medesima malattia. E’ una semplice predisposizione a sviluppare il tumore, che non è condizione di per sé sufficiente per ammalarsi: occorrono altri fattori ambientali e personali perché il tumore insorga davvero. Si riscontra la presenza di parenti di 1° grado (fratelli, sorelle, genitori, figli) nel 30-40% dei casi di tumore primitivo del colon-retto. In altre parole, il rischio di sviluppare per la prima volta un tumore è superiore se uno dei propri parenti stretti ne è stato a sua volta colpito.   Se una persona sa di essere a rischio elevato perché ha avuto parenti con questo tumore in uno o l’altro dei rami familiari, è opportuno che adotti una dieta con pochi grassi e poca carne e ricca di fibre, vegetali e frutta. Inoltre deve effettuare una sorveglianza regolare
• Ricerca del sangue occulto nelle feci una volta l’anno. L’esame è in grado di identificare il 25% circa dei cancri del colon-retto. Se viene associata alla colonscopia, è in grado di individuare il 75 % dei tumori.
• Colonscopia (esame eseguito con fibra ottica) 10 anni prima dell’età che aveva il familiare al momento della diagnosi di tumore. Se la prima colonscopia ha esito negativo, i successivi controlli possono essere effettuati dopo 3-5 anni, a seconda della storia familiare.
• Esplorazione rettale una volta l’anno. È un esame poco praticato in Italia, ma molto utile per l’individuazione dei tumori del retto.
E’ molto importante che i Medici di Medicina generale valutino attentamente il livello di priorità da inserire nella prescrizione, al fine di non causare dei ritardi nella prenotazione ed esecuzione dell’esame per le classi di priorità di tipo B, (da eseguire entro 10 giorni) in linea con le direttive regionali per le attribuzioni delle classi di priorità e applicazione di gruppi di attesa omogenei (RAO)

 

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